Un filo diretto con l'etologia cognitiva e relazionale

Filosofo, etologo e zooantropologo.
Da oltre vent’anni conduce una ricerca interdisciplinare volta a ridefinire il ruolo degli animali non umani nella nostra società.
Direttore del Centro Studi Filosofia Postumanista e della Scuola di interazione uomo-animale (Siua), è autore di oltre un centinaio di pubblicazioni nel campo della bioetica animale, delle scienze cognitive e della filosofia post-human.
È inoltre direttore della rivista “Animal Studies”, la Rivista Italiana di Zooantropologia (Apeiron).

L’utilizzo degli strumenti negli animali

Corvo che usa uno strumento
corvo con bastoncino
di Roberto Marchesini

In questo articolo vengono prese in considerazione le diverse modalità di utilizzo da parte degli altri animali di una serie di strumenti e dell’uso creativo degli stessi per raggiungere un obiettivo.

1 – Una pratica diffusa

L’essere umano si considera l’animale tecnologico per antonomasia e non v’è dubbio che la tecnica e la tecnologia nella nostra specie abbia raggiunto un vertice in questo senso. La teoria antropologica tradizionale vede in questa tendenza eminentemente prometeica dell’essere umano la prova di un equipaggiamento scarso o incompleto. In realtà studiando l’utilizzo degli strumenti nel mondo animale, scopriamo che sono proprio i primati, animali estremamente complessi nel repertorio comportamentali quelli che con più facilità e in modo più articolato utilizzano strumenti.

2 – Strumenti ed evoluzione

Non v’è dubbio che vi siano rapporti molto stretti tra la filogenesi di una specie e la tendenza in questa a utilizzare determinati strumenti. Possiamo parlare di un rapporto biunivoco o ricorso, tale per cui le caratteristiche innate (morfologiche, funzionali o comportamentali) di una specie rendono possibile o facilitano l’evoluzione di comportamenti di uso degli strumenti e nello stesso tempo l’uso di uno strumento rappresenta un importante fattore d’indirizzo selettivo, agendo come determinante di selezione.

3 – Strumenti e pressioni selettive

Uno strumento può agire in diverso modo sulle pressioni selettive che caratterizzano una specie o una popolazione all’interno della specie. Per esempio: i) agisce in modo paratipico sul fenotipo modificando i parametri di selezione; ii) cripta alcune pressioni selettive e quindi abbassa la selezione su certi genotipi; iii) inaugura o enfatizza altre pressioni selettive, innalzando la selezione su certi genotipi; iv) dà luogo a nuovi contesti performativi di un organo attraverso ex-aptation; v) lega in modo nuovo particolari organi del corpo istituendo nuove correlazioni somatiche.

4 – Catalogare gli strumenti

Non è facile fare una catalogazione omogenea degli strumenti. Ordinare i vari tipi di uso di arnesi secondo la loro funzione è più conveniente rispetto ad altre catalogazioni. Come scrive B. Beck nel saggio Animal Tool Behavior “nella maggior parte dei casi in cui un animale adopera uno strumento lo fa per estendere la propria capacità di raggiungere un oggetto distante o per intensificare la forza meccanica che può esercitare sull’ambiente circostante o per incrementare l’efficacia dei suoi comportamenti di esibizione o per migliorare l’operazione di controllo sui liquidi” (1980, p.127).

5 – Ridurre le distanze

Ricorderemo le esperienze di Wolfgang Kohler sull’utilizzo di casse da parte degli scimpanzé per arrivare allle banane poste in alto nella gabbia. Un uso frequente è quello di raggiungere qualcosa posizionato al di fuori della sua portata, sia in termini spaziali, per esempio in alto, accatastando oggetti per raggiungerlo o una pertica per appoggiarsi. Potrebbe anche darsi il caso di dover utilizzare un bastone per avvicinare o far cadere qualcosa posto in alto. Altre volte l’obiettivo è situato in una cavità e in un foro e l’animale usa un bastoncino per raggiungerlo oppure un’esca nel caso che l’obiettivo sia un animale.

6 – Aumentare la forza meccanica

Altre volte l’uso di un arnese è legato all’obiettivo d’intensificare la forza meccanica. Per esempio l’uso di pietre e mortai per schiacciare e rompere il guscio di noci. L’utilizzo di leve per sollevare qualcosa o di oggetti appuntiti per scavare o fare pressione, l’utilizzo di bastoni o di sassi per ottenere particolari effetti di rottura oppure per ostacolare o chiudere un passaggio. L’uso dello strumento può contribuire ad accrescere la massa e la forza d’urto, diminuendo l’elasticità delle strutture prensili.

7 – L’utilizzo agonistico o avversativo

Abbiamo poi l’utilizzo di arnesi legato all’attività agonistica, al conflitto, all’esibizione avversativa, all’obiettivo di spaventare, mettere in difficoltà ferire l’avversario. Tra le diverse modalità le più frequenti sono: i) lasciar cadere o scagliare dall’alto bastoni, sassi o altri oggetti; ii) lanciare in modo diretto verso un avversario; iii) usare un bastone per percuotere; iv) brandire e sventolare un oggetto come manifestazione di minaccia; v) trascinare o rotolare qualcosa verso un avversario; vi) percuotere un oggetto allo scopo di fare rumore. In tutte queste attività l’arnese può essere un’arma oppure più semplicemente uno strumento dimostrativo.

8 – Controllare i liquidi

Un altro uso dello strumento può riguardare le attività che hanno a che fare il controllo sui liquidi. Nelle antropomorfe è frequente l’utilizzo di foglie come spugne per raccogliere i liquidi o per contenerli. Altre volte si utilizzano dei recipienti per tenere l’acqua o, al contrario, foglie come una sorta di ombrello per evitare di bagnarsi quando piove. Troviamo anche l’utilizzo di strumenti per tamponare o per detergere e queste attività si ricollegano ad altre autorevole come usare un bastone per grattarsi.

9 – Il gioco con oggetti

In alcuni casi lo strumento prevede una pluralità di scopi, per esempio di tipo avversativo e di status oppure autorivolto e ludico. Uno strumento può consentire di giocare oppure ci si può appendere. Molti animali sociali utilizzano degli oggetti per ingaggiare i compagni, è frequente per esempio nei lupi e in particolare modo nei cuccioli e verificabile nel cane. Alcune razze in particolare utilizzano molto frequentemente l’oggetto come dono o come strumento di sfida.

10 – Non tutto è strumento

Sappiamo che il comportamento animale non è fatto esclusivamente di espressioni del corpo ma anche di costruzioni più o meno complesse, come le tane o i termitai. Secondo la maggior parte degli autori questi non vanno considerati strumenti nel senso proprio del termine. Pertanto i nidi, gli alveari, le ragnatele, le pergole, vengono esclusi dal novero… ma è evidente che ci troviamo di fronte a situazioni borderline o come s’è detto dai confini sfumati. Per esempio la pergola degli uccelli giardinieri non viene considerata uno strumento mentre il bastoncino che alcune specie utilizzano per dipingere la pergola sì.

11 – Se l’oggetto non è tenuto

Di collocazione incerta anche le superfici dure che alcuni animali utilizzano come incudini, per esempio quando i gabbiani lasciano cadere i molluschi dall’alto per provocarne l’apertura. La stessa cosa la osserviamo nei gracchi dalle ali bianche o nel capovaccaio che lascia cadere le uova del pellicano su superfici dure. Nei corvidi il comportamento è comune e in particolare nelle cornacchie si è potuto rilevare il comportamento di disseminare i frutti di palma sulle strade aspettando che le automobili passandovi sopra le rompano. Il lancio di oggetti su superfici dure è presente anche in mustelidi e viverridi.

12 – Altre forme incerte

Come dobbiamo considerare le abitudini delle averle del genere Lamius che infilano gli insetti predati nelle spine degli alberi, immobilizzandole e impedendo loro di fuggire mentre le consumano. Anche il dono nuziale che riscontriamo nei ragni del genere Pisaura, ma che ritroviamo anche in alcuni delfini o nei cormoran delle Galapagos hanno un’incerta attribuzione. Che dire poi dell’utilizzo di oggetti ingeriti che svolgere funzioni particolari? I crostare ingeriscono sabbia per favorire la postura mentre gli uccelli lo fanno per favorire la funzionalità del ventriglio o stomaco muscolare e macinare meccanicamente il cibo. Anche il comportamento di anting presente negli uccelli ha un’incerta collocazione.

13 – Cosa facilita l’utilizzo degli strumenti

Parliamo di determinanti morfologici, come il predisporre di organi prensili e di una buona coordinazione con l’organo sensoriale, per esempio oculomanuale nei primati. Importante è anche la capacità di apprendimento e in particolare la tendenza a portare a frutto le esperienze. Una parte non secondaria è data dalla motivazione esplorativa, dalla curiosità, dalla tendenza a interagire con gli oggetti, dalla manipolazione investigativa, dalla tendenza a giocare con gli oggetti o utilizzare l’oggetto come esca d’ingaggio ludico. La tendenza al gioco è sicuramente un fattore tecnopoietico, e quindi avere l’opportunità di giocare, avere del tempo libero a disposizione.

14 – L’apprendistato tecnico

Si è visto che anche l’abitudine generica a giocare con oggetti, dà luogo a una sorta di predisposizione o apprendistato che facilita successivamente l’uso di strumenti. Come riportato in uno studio di H. Birch (1945), gli scimpanzé che da giovani vengono lasciati liberi di giocare con dei bastoni, da adulti si dimostrarono molto più capaci di utilizzarli come estensione del braccio. Si Sto arrivando! Peraltro che i soggetti più anziani, quelli che verosimilmente hanno più esperienza, mentre hanno minor propensione al gioco con oggetti, tuttavia si dimostrano più capaci nell’adoperarli. Si ritiene altresì che la maggiore capacità negli adulti sia attribuibile allo sviluppo sensomotorio.

15 – Convergenza di fattori

La maggior parte degli autori ritiene che la maggiore capacità degli adulti di utilizzo degli strumenti vada ricondotta a due processi di sviluppo convergenti e interagenti. Lo sviluppo sensomotorio e le esperienze di manipolazione di oggetti sono fondamentali nell’ontogenesi per rafforzare le capacità di utilizzo degli strumenti. Tutte le condizioni di restrizione psicomotoria e prattognosica creano scompensi gravi difficilmente recuperabili in età adulta. Un altro aspetto importante in età evolutiva è vivere in un ambiente arricchito che stimolino strategie di adeguamento o di intervento sulle situazioni.

16 – Educazione alla versatilità

Tra i fattori che facilitano l’uso degli strumenti c’è la tendenza alla versatilità, cioè la tendenza a diversificare il proprio comportamento, e la flessibilità, cioè la tendenza a modificarlo, innovarlo, sperimentare, correggere, cioè non limitarsi a ripetere. Rumbaugh (1970) rimarca il fatto che esiste un periodo sensibile o critico, abbastanza precoce a suo dire, durante il quale le esperienze con gli oggetti hanno il massimo effetto sulle capacità future di avvalersi di strumenti o di pensare attraverso strumenti. L’utilizzo di uno strumento prevede infatti una precisa organizzazione motoria e i correlati sensomotori si sviluppano nel periodo giovanile.

17 – Effetti lati

Scortecciare una pianta per trovare insetti è un atto propriamente alimentare, tuttavia il venire a contatto con pezzi di corteccia è fondamentale per l’utilizzo successivo di questi come attrezzi. Alcuni comportamenti come gettare dagli alberi rami per allontanare intrusi deriva probabilmente dall’abitudine di muoversi in modo animato scuotendo i rami come esibizione di forza. Secondo alcuni autori, come Alcock (1972) certi comportamenti di uso di uno strumento potrebbero aver avuto origine come risposte di frustrazione. A volte ci troviamo di fronte a eventi casuali, per esempio un effetto rinforzo nel toccare un oggetto, altre volte dobbiamo parlare di un processo più complesso come nell’insight osservato da Kohler. 

18 – Differenti tecnologie

Gli scimpanzé dell’Africa occidentale aprono le noci schiacciandole con le pietre, mentre gli scimpanzé di Gombe aprono frutti simili battendoli contro gli alberi. In questo caso possiamo vedere che il diverso modo di aprire le noci e di utilizzare entità esterne allo scopo ha dato origine a due tradizioni culturali differenti. Una situazione analoga la ritroviamo tra il comportamento tra le lontre di mare californiane e quelle Aleutine. Esistono differenze nell’utilizzo di bastoni nelle diverse popolazioni di scimpanzé. 

19 – Evoluzione di una tecnica

Ci sono differenti opinioni a riguardo, dall’idea che l’uso di uno strumento possa derivare come casuale risposta di frustrazione (K. Hall, 1965), all’idea che al contrario discenda da comportamenti gioiosi e di gioco (Lawick-Goodall). A ogni modo possiamo notare come l’uso di uno strumento sia il frutto di un processo di articolazione o rifinitura di un comportamento più semplice. Lo abbiamo visto parlando di lancio di rami in molti primati, come nel caso del capovaccaio che dal lancio dell’uovo sul substrato roccioso, nel caso delle uova di struzzo utilizza un sasso per spaccare il guscio.

20 – L’origine di una tecnica

Come sottolinea Beck “dato che le origini evolutive dei modelli di uso di arnesi si perdono nel passato, la nostra comprensione delle forme originarie del comportamento e della loro evoluzione poggia interamente su congetture” (1980, p. 188) Per dire come non sempre ragionare in termini congetturali sia un tabù. Possiamo comunque pensare che l’origine di una tecnica non segua una legge universale, ma possa avere avuto fonti molto differenti tra loro. Di certo l’utilizzo di uno strumento non si appoggia sul nulla ma si basa su schemi comportamentali già in parte presenti nella specie.

21 – Effetti di una tecnica

Indubbiamente gli effetti possono essere i più svariati. Quando una popolazione si trova investita da un radicale cambiamento delle condizioni in essere, la tecnica può avere un’azione compensativa, sussidiaria o vicariante. In genere, tuttavia, ogni esternalizzazione produce una diminuzione performativa dell’organo o comunque uno slittamento funzionale. Alcock (1972) ipotizza che tutte le principali specie animali che si servono di arnesi abbiano invaso nicchie non caratteristiche dei loro gruppi filogenetici. Quindi potremmo supporre che la presenza dell’uso di strumenti accresca la generalizzazione adattativa. Hamilton (1973) definisce queste specie caccia-spazzatutto ossia poco specializzati nella predazione.

22 – Quando il cibo è racchiuso

L’utilizzo di bastoncini per pescare le termiti o di sassi per aprire noci, uova o molluschi, ha messo in luce come vi sia un rapporto molto stretto tra la tendenza all’uso di strumenti e l’abitudini a foraggiarsi con cibo racchiuso all’interno di un involucro. Lo strumento molto spesso è un arnese estrattivo. Nell’utilizzo di sassi per aprire molluschi o noci, i giovani il più delle volte falliscono nel tentativo e possono addirittura farsi male, ciò nonostante, e a dispetto del concetto behaviorismo di punizione positiva, essi continuano nei tentativi. La ricerca di cibo per estrazione si colloca a meta strada tra l’uso dello strumento per accrescere la portata di qualcosa e quello relativo all’aumento della forza meccanica.

23 – L’utilizzo intelligente

Tra l’altro va differenziato l’uso di uno strumento in modo ripetitivo e nello stesso contesto, dall’uso dello strumento in contesti differenti e con tecniche altrettanto specifiche.Parliamo di un utilizzo intelligente dello strumento, dimostrabile peraltro non solo nei primati ma persino negli insetti. Anche in questo caso è evidente come la manipolazione precoce di oggetti abbia un’influenza fondamentale nella versatilità d’uso dello strumento stesso. E qui ovviamente ricadiamo anche nell’argomento della cosiddetta disponibilità ambientale, poiché si è visto che è più facile che si sviluppo in una zona Arica piuttosto che in foresta o palude.

24 – Strumenti e intelligenza

Osservando il comportamento di pesca delle termiti o il lancio di molluschi da parte dei gabbiani rileviamo una persistenza che dimostra un’indubbia finalizzazione del comportamento. Il comportamento è poi sempre correlato alle caratteristiche del guscio del mollusco e il lancio non è mai casuale perché i gabbiani sono estremamente selettivi e lasciano cadere i molluschi sulla roccia non sulla sabbia. Gli scimpanzé sono in grado di portare i propri strumenti dal luogo di riperimento al luogo di utilizzo, spesso anche molto distanti tra loro. La presa delle formiche da parte degli scimpanzé di Gombe si svolge in modo differente da quelle delle termiti, in questo caso sistemandosi in un posto più elevato per evitare i loro morsi.

25 – L’uso di arnesi negli invertebrati

Ricordiamo: le trappole della larva del formicaleone e la sabbia gettata contro la vittima per farla precipitare in basso; l’utilizzo delle larve nelle formiche tessitrici per costruire e riparare il nido; la chiusura con sassolini nei nidi pedotrofici degli Sfecidi; l’utilizzo delle conchiglie vuote nei paguri; l’utilizzo di anemoni di mare da porre sul dorso da parte di granchi per camuffarsi; l’utilizzo di pietre da parte dei polpi per tenere aperte le conchiglie di grandi bivalvi; l’utilizzo da parte della formica Dorymyrmex bicolor di sassolini per ostruire il foro di uscita dei formicai nemici.

26 – L’uso di arnesi negli uccelli

Ricordiamo: l’utilizzo di oggetti per dipingere il pergolato negli uccelli giardinieri; l’utilizzo di ramoscelli tenuti nel becco per spostare le foglie secche e cercare insetti nel tordo americano; l’utilizzo di sassi per spaccare le grosse uova nel capovaccaio e nei nibbi dal petto nero; l’utilizzo di pezzi di guscio di mitilo per aprire altri bivalvi nei gracchi dalle ali bianche; l’utilizzo di rametti da infilare nei buchi degli alberi nei fringuelli-picchio; l’utilizzo di bastoncini per grattarsi nei pappagalli del genere Cacatua; l’utilizzo di pagliuzze da usare come esca in molte specie di aironi; l’utilizzo di oggetti cavi per contenere liquidi nei corvidi.

27 – L’uso di arnesi nei mammiferi non primati

Ricordiamo: il gettare sabbia sulla testa dei serpenti da parte dei citelli della California; l’utilizzo di ramoscelli per grattarsi o scacciare mosche da parte degli elefanti africani e asiatici; l’utilizzo da parte di alcuni fervidi come il cudù maggiore e l’Elaphurus di ornamenti di fieno e fango sui palchi; l’utilizzo di bastoni da parte degli orsi dagli occhiali; l’utilizzo di pietre da parte delle lontre marine; il lancio di grossi blocchi di ghiaccio o di sassi su foche e trichechi da parte di porsi polari; l’utilizzo di pietre in alcuni mustelidi e viverridi.

28 – L’uso di strumenti in primati non antropoidi

Ricordiamo: il lancio di oggetti da parte delle scimmie urlatrici per allontanare gli intrusi; la tendenza a usare bastoni e colpire un rivale o serpenti da parte delle scimmie cappuccine; l’uso di oggetti per avvicinare del cibo e trarlo a sé nei cebi dalla fronte bianca; l’utilizzo del lancio di pietre per allontanare un intruso da parte degli entelli; l’uso di bastoncini per scavare il terreno e allargare l’ingresso a nidi sotterranei nel Cercocebus; il far rotolare pietre dall’alto per allontanare un intruso nei macachi; l’utilizzo del buffering agonistico nelle bertucce; il gettare sabbia negli occhi di un predatore da parte dei babbuini

29 – L’uso di strumenti nei primati antropoidi

Qui ovviamente ritroviamo un grande numero di ricerche alcune già anticipate come la pesca delle termiti e delle formiche da parte degli scimpanzé che non solo utilizzano uno strumento ma lo adattano all’uso togliendo i rametti laterali. Il comportamento di uso di strumenti è scarso negli ilobatidi (gibbone e siamang) a parte qualche sporadico lancio di oggetti verso gli intrusi. Tuttavia si riscontrano alcuni casi in cattività di utilizzo di pezzi di stoffa per inzupparli d’acqua e poi succhiarli, un comportamento che lascerebbe intendere analoghi in natura con foglie. Nell’orango l’utilizzo di strumenti è ampiamente documentato soprattutto in senso distruttivo. Il lancio di oggetti è presente anche nel gorilla oltre che all’uso di contenitori per liquidi.

30 – In conclusione

L’uso degli strumenti rappresenta uno dei tanti modi in cui il comportamento animale può manifestare quella versatilità e quella creatività che mal si coniuga con la concezione non mentalistica del comportamento. Detto questo, ritengo altresì scorretto pensare che solo gli animali che usano strumenti dimostrino una mente in azione, perché in realtà l’intelligenza tecnica non è altro che una delle molteplici forme di intelligenza presenti nel mondo animale.

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