Un filo diretto con l'etologia cognitiva e relazionale

Filosofo, etologo e zooantropologo.
Da oltre vent’anni conduce una ricerca interdisciplinare volta a ridefinire il ruolo degli animali non umani nella nostra società.
Direttore del Centro Studi Filosofia Postumanista e della Scuola di interazione uomo-animale (Siua), è autore di oltre un centinaio di pubblicazioni nel campo della bioetica animale, delle scienze cognitive e della filosofia post-human.
È inoltre direttore della rivista “Animal Studies”, la Rivista Italiana di Zooantropologia (Apeiron).

I cani e i gatti sono sostituti dei figli?

Mother with kids and dog in an autumn park

di Roberto Marchesini

In questo periodo sempre più spesso si sente affermare che i cosiddetti animali familiari, altrimenti definiti con l’orrendo termine di “pet”, sono diventati dei sostituti dei figli. Si afferma addirittura che le persone non fanno più figli perché è più comodo rivolgere le propensioni parentali agli animali piuttosto che prendersi la briga di fare dei figli. In altre parole, considerate le spese, le preoccupazioni e gli annessi vincoli alla realizzazione personale che comportano i figli, adottare un quattrozampe sembra essere la scelta ideale. Insomma sembrerebbe molto più facile dedicarsi alla cura di un gatto, che tra l’altro manifesta anche un certo grado di autonomia, pur essendo un convivente divertente e affettuoso, anche se a modo suo. Se poi desideriamo una presenza ancor più coinvolgente ci si può rivolgere a un cane, sempre pronto a metterti al centro del suo mondo e a ubbidirti. Parrebbe più semplice dedicare le proprie cure a un animale piuttosto che doversi confrontare con i problemi costanti dell’infanzia e gli inevitabili scontri dell’adolescenza. Ma è proprio cosi?

Cosa dicono i sondaggi?

Se andiamo a vedere la distribuzione dei cani e gatti nelle famiglie degli italiani scopriamo che sono proprio i nuclei familiari in cui sono presenti i bambini quelli che con più probabilità ospitano cani e gatti. Beh, la ragione la conosciamo tutti, anche solo riflettendo sulla propria infanzia. Difatti, sono i figli che normalmente vessano i genitori recalcitranti per poter avere un cane o un gatto. Sono loro a implorare, sfinendo la pazienza del genitore – che, poi, sa che dovrà avere un impegno in più – per poter ottenere l’agognato compagno di giochi. Ma se le cose stanno così, allora figli e animali familiari non stanno in un rapporto inversamente proporzionale tra loro, bensì il contrario: al crescere dei primi crescono i secondi! E soprattutto viene smentito il luogo comune, purtroppo ormai diventato un pregiudizio, avvallato per di più anche da autorevoli voci, che vede la presenza di un cane o un gatto come ipoteca alla maternità. Il problema della diminuzione di natalità va cercato da qualche altra parte, non sono i cani e gatti i colpevoli di questa decrescita.

Anziani e animali da compagnia

Che dire poi degli anziani? Che siano in coppia, ma più spesso soli, gli anziani di certo non possono avere figli, ma non per questo non meritano affetto, compagnia e spesso un senso per la loro vita, qualcosa che dia loro la voglia di alzarsi ogni mattina e mantenere un certo stile d’esistenza. Notiamo che il più delle volte la loro vita è pregiudicata da una solitudine sociale perché nessuno li va a trovare. Inoltre, la solitudine è anche morale, perché vivono in un mondo profondamente mutato che spesso non capiscono, cui si sentono di non appartenere. Gli animali domestici rivestono il ruolo di anello di congiunzione tra il loro vissuto e il presente. Si è visto che le persone anziane vivono mediamente cinque anni di più se godono della compagnia di un cane o di un gatto. Non c’è solo la continuità della relazione, che sappiamo essere vitale per l’anziano, ma l’animale diventa anche un argomento di dialogo al parco o al supermercato con altre persone. Non dimentichiamo il fatto che la nostra popolazione sta invecchiando ed è sempre maggiore il numero delle persone anziane.

Un’importante rete sociale

La capacità relazionale di una persona non assomiglia al calcolo delle risorse da investire che, se le impieghi in un certo settore, non ne hai per altri. Quanto maggiore sono le tue disposizioni al rapporto, alla generosità, all’amore del prossimo, tanto più ti relazionerai agli altri. Ogni relazione e ogni atto d’amore è un volano per altre relazioni e atti d’amore, perché non si tratta di un contenuto ma di una disposizione dell’animo della persona ed è allo stesso tempo un esercizio alla generosità. Le relazioni sono importanti e non scordiamoci che ci sono tante persone, anche non anziane, che per qualunque motivo, si sentono sole, emarginate, in qualche modo non comprese o comunque diverse. Queste persone hanno bisogno del supporto che può dare un cane o un gatto, che in questo caso non sottrae ma dà all’individuo nuova linfa per entrare nella rete sociale.

L’aiuto alle persone

Le situazioni sociali sono molteplici e dobbiamo tenerne conto senza cadere in facili semplificazioni. Ci sono persone che non possono avere figli e ci sono altre che semplicemente non ne vogliono al di là della presenza di un cane e di un gatto. Ci sono persone con disabilità fisiche o psicologiche che meritano d’avere accanto qualcuno che li riempie di attenzioni affettive. E poi non c’è solo l’affetto e la compagnia, perché un animale ti dà molto di più: ti aiuta nei momenti di passaggio, ti sta vicino durante una malattia o un lutto, è un grande ammortizzatore di disagio, anche e soprattutto per i bambini e questo non va sottovalutato. Non dobbiamo parlare di pet therapy, gli interventi assistiti dagli animali sono tutt’altra cosa, ma è indubbio e provato che la presenza di un animale familiare contribuisce a migliorare il benessere delle persone e il senso di sicurezza affettiva.

Le persone trattano gli animali come bambini

Sì, purtroppo questo avviene, ma non perché sono sostituti dei figli, bensì perché in genere la gente manca di una cultura di relazione etologica, cioè adeguata alle caratteristiche del cane e del gatto. Con il passaggio da una cultura rurale a una urbana, è come se gli individui fossero rimasti senza parole verso i soggetti di altre specie, incapaci di rinvenire nuovi linguaggi per le mutate condizioni culturali e antropologiche. Così, sottoposti al bombardamento immaginifico della comunicazione disneiana, non hanno trovato di meglio che l’espressione antropomorfa. Ma anche questo non bastava, perché è evidente la diversità del cane e del gatto, anche solo per gli aspetti superficiali, per cui ci si è orientati su un registro d’infantilizzazione. Si tratta di un errore, lo sappiamo bene, tuttavia viene ampiamente incentivato dai media, foraggiati dall’industria del pet, e confermato dall’inevitabile dipendenza a oltranza che cani e gatti presentano, perché necessariamente siamo noi a doverci occupare di loro. Una responsabilità che non si deve mai ignorare!

In conclusione

Non sono sostituti di figli, ma li trattiamo come bambini. A uno sguardo esterno sembra che le persone riempiano di vizi i loro amici a quattro zampe, quando spendono una montagna di soldi in cucce griffate, giocattoli elaborati e collari, pettorine e guinzagli alla moda. In realtà al cane e al gatto queste cose proprio non interessano e non contribuiscono per nulla al loro benessere: la persona che compra questi gadget, tra l’altro estremamente costosi, accontenta se stessa, non il proprio animale! Tutte queste amenità producono, inoltre, innumerevoli forme di maltrattamento, anche se sono mascherate di benevolenza e amore. Non c’è dubbio che un cane abbia prima di tutto il diritto d’essere trattato da cane, cioè secondo quei bisogni espressivi innati che fanno parte del suo repertorio comportamentale, e lo stesso dicasi per il gatto. Perciò: non viziati, ma maltrattati, ammorbati da un antropomorfismo, un’infantilizzazione, una banalizzazione, insomma un regime di relazione e gestione che non tiene conto delle loro esigenze etologiche. 

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