Un filo diretto con l'etologia cognitiva e relazionale

Filosofo, etologo e zooantropologo.
Da oltre vent’anni conduce una ricerca interdisciplinare volta a ridefinire il ruolo degli animali non umani nella nostra società.
Direttore del Centro Studi Filosofia Postumanista e della Scuola di interazione uomo-animale (Siua), è autore di oltre un centinaio di pubblicazioni nel campo della bioetica animale, delle scienze cognitive e della filosofia post-human.
È inoltre direttore della rivista “Animal Studies”, la Rivista Italiana di Zooantropologia (Apeiron).

Numa e Aurelia: dopo più di un secolo, i lupi tornano a Roma

numa e aurelia i lupi tornano a roma

di Roberto Marchesini

Grazie ai corridoi ecologici di boschi, colline e aree lasciate incolte e non invase dall’uomo, dopo più di cento anni, i lupi tornano sul territorio di Roma, ad una manciata di chilometri dal centro della città.
Probabilmente discesi da Nord, dai monti della Tolfa e dalla zona di Bracciano, sono stati forse attirati dall’abbondanza di cinghiali che, portati sul territorio dai cacciatori, si sono riprodotti in maniera incontrollata. Dato il ruolo di predatore naturale che il lupo ha verso il cinghiale, la sua presenza in quest’area ha un valore ecologico immenso.

Il primo avvistamento tramite fototrappola nell’Oasi LIPU di Castel di Guido era stato fatto nel 2013: il lupo fotografato, chiamato Romolo, mai più avvistato, si era probabilmente allontanato perché non aveva trovato una femmina.
Nel 2014 era arrivato un altro maschio di almeno quattro anni, Numa, e nel 2016 era comparsa anche una femmina, Aurelia, di circa tre anni.
Nell’estate del 2017 Aurelia è stata avvistata con le mammelle ben visibili: la riproduzione era avvenuta e la cucciolata era nata a maggio.
I successivi documenti video-fotografici mostravano cinque cuccioli, dei quali uno presenta le zampe posteriori paralizzate.
Nei mesi di novembre e dicembre, il piccolo paralizzato viene ripreso in zone di rifugio, dove è probabile che i genitori lo tenessero nascosto portandogli il cibo.
Successivamente, più nulla.

E poi… l’incredibile! a fine gennaio 2018, ecco nuovi videodocumenti che mostrano il lupetto disabile, oramai a nove mesi di età, in buone condizioni, segno che i familiari stanno continuando a portarlo al seguito, a procurargli il cibo e a prendersi cura di lui: mentre i suoi fratelli seguono gli adulti per diversi chilometri negli spostamenti di perlustrazione del territorio e per la caccia, il lupetto paralizzato aspetta il ritorno della sua famiglia in luoghi sicuri e nascosti nel bosco.

https://www.facebook.com/oasilipucasteldiguido/videos/748448362015893/

Si tratta di un documento straordinario, poiché è difficilissimo che un animale possa sopravvivere a lungo in natura in queste condizioni. E, ancora una volta, si tratta di un documento straordinario per ribadire il talento di questa magnifica specie nella cooperazione del branco e nello stringere forti legami sociali tra i vari membri della famiglia, talento e capacità che consentono anche agli individui più deboli di sopravvivere.

Essendo i cuccioli nati nel maggio 2017, questo inverno sarà cruciale per la loro sopravvivenza.
Riguardo al piccolo paralizzato, non si possono fare ipotesi sulle cause della sua disabilità, dato che non è possibile esaminarlo, né è possibile fare previsioni: se dovesse arrivare all’età adulta e alla maturità sessuale, cioè ai due anni di vita, non potrà comunque compiere gli spostamenti alla ricerca di un nuovo territorio ove formare il suo nucleo familiare. Secondo gli studiosi che stanno monitorando il gruppo, “il giovane potrebbe coadiuvare i genitori nell’allevamento di eventuali prossime cucciolate, come dimostrato in altri casi, nei quali individui menomati sono rimasti col branco dove sono nati e hanno svolto il ruolo di helper, cioè di aiuto alla coppia riproduttrice. Staremo a vedere come si evolverà situazione. Già la sopravvivenza fino ad oggi è un piccolo miracolo, che ci insegna ancor di più sulle capacità ecologiche e sulla socialità del lupo.”

Grazie al monitoraggio del branco, attività attualmente sovvenzionata da LIPU e autofinanziato dalla stessa Oasi di Castel di Guido e dai suoi ricercatori, si è arrivati a conoscere i percorsi di caccia e di spostamento del branco esaminando le tracce e gli escrementi depositati a marcare i confini e i punti di passaggio; dagli spostamenti si è rilevato abitudinari come i lupi preferiscano restare lontani dai luoghi antropizzati. L’Istituto Zooprofilattico di Lazio e Toscana nella sede di Rieti sta effettuando analisi genetiche sui resti delle predazioni e sugli escrementi per stabilire il sesso dei piccoli.

Le analisi hanno permesso di stabilire con certezza la tipologia di dieta del branco, la quale risulta costituita per il 95% da cinghiale e per il 5% da animali domestici. I dati ribadiscono dunque il ruolo fondamentale del lupo appenninico nel contenere le popolazioni di cinghiali selvatici e, al contempo, danno, tuttavia, voce anche alle preoccupazioni degli allevatori.
I ricercatori hanno comunque confermato che negli ultimi quattro anni nella zona non si è verificato alcun episodio di predazione di animali domestici da parte dei lupi. L’indagine svolta sul caso di nove vitelli uccisi presso un allevamento ai confini con l’Oasi ha attribuito l’aggressione a un branco di cani vaganti presenti in zona. Gli studiosi fanno notare come soltanto una approfondita analisi dei resti delle prede sia in grado di stabilire il responsabile di una predazione, data la presenza di cani randagi e ibridi, che costituiscono un problema anche per la tolleranza del ritorno del lupo da parte della popolazione umana insediatasi sui luoghi di origine di questo predatore. Tanto per dare un po’ di numeri, basti pensare che su tutto il territorio italiano si stima la presenza di circa un milione di cani vaganti, tra cani liberi e cani padronali non accuditi, contro duemila individui di lupo.
Pertanto, non essendo state rilevate predazioni su animali domestici vivi da parte di lupi in tanti anni, si desume che quel 5% si riferisca al consumo di cadaveri di animali morti, malati abbandonati o perduti durante la permanenza al pascolo, ipotesi che sembrerebbe confermata da testimonianze di allevatori della zona.

Per quanto riguarda la parte logistica, i mezzi per una moderna convivenza tra lupo e uomo o, più specificatamente, tra lupo e allevatore, esistono nella forma di recinzioni dissuasive – dotate di sensori di rilevamento, localizzazione e classificazione-, tecnologia di monitoraggio e razze canine da guardianìa.
I gestori dell’Oasi Lipu di Castel di Guido hanno in progetto la costituzione di un tavolo partecipativo tra allevatori, associazioni, ricercatori e istituzioni che metta in collaborazione tutte queste parti, per costruire una convivenza pacifica tra attività antropiche di reddito e vita del lupo, poiché, sostengono, convivere è possibile.
Basta volerlo.

Immagine di copertina: fotogramma tratto dal video di Lipu Online di uno dei cuccioli di lupo nati nell’Oasi LIPU di Castel di Guido
Video: Oasi LIPU Castel di Guido, Pagina Facebook
Fonti: lipu.it, earthday.it

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