
di Roberto Marchesini
Fino agli anni ’90, i Paesi Occidentali più industrializzati possedevano tutti da tempo un pezzo di carta rinchiuso in qualche cassetto che parlava di benessere animale e di legiferazione su non ben definiti trattamenti “umani”. Si trattava in generale di testi sbrigativi e superficiali che, per di più, non avevano mai avuto un riscontro applicativo nelle procedure pratiche delle quotidiane attività di interazione con gli animali, da reddito e non.
E poi, tutto a un tratto, l’Europa fa il salto: il primo maggio del 1999 entra in vigore il Trattato di Amsterdam, che include un protocollo relativo al benessere animale pensato per “assicurare un miglioramento delle misure di protezione e di rispetto del benessere degli animali in quanto esseri senzienti”.
“Esseri” e “senzienti” sono le due parole chiave che per la prima volta vengono messe per iscritto in una trattato europeo, che dovrà essere recepito da tutti i membri dell’Unione.
Nel marzo 2002, il parlamento tedesco suscita stupore fin oltre oceano inserendo nella propria costituzione i diritti degli animali: con 543 voti favorevoli contro 15 tra contrari e astenuti, gli altri animali sono aggiunti al paragrafo che parla di rispetto e protezione della dignità degli esseri umani.
Negli anni ’90, l’idea di estendere i diritti fondamentali agli animali viene accolta con sconcerto dalle caste statunitensi. La domanda che inizia a circolare nell’ambiente della ricerca e nel settore agrozootecnico statunitensi è se gli Europei stiano diventando matti. Pur tuttavia in quegli anni sono sempre più numerosi gli studi sul comportamento che evidenziano senza più dubbi che gli altri animali siano davvero esseri senzienti, e dunque meritevoli di rispetto e protezione dei loro diritti fondamentali tramite una legislazione dedicata e adeguata. Ancora più stranamente, molti di questi studi risultano sponsorizzati da multinazionali come McDonald’s, Burger King, KF e altri fornitori di fast-food (Jeremy Rifkin, The European Dream, Jeremy P. Tarcher Inc. 2004).
Ma è probabile che proprio la qualità di sponsor e supporter della ricerca sia il motivo per cui si sviliscono, ignorano e sottovalutano tali risultati.
Ma che impatto avrebbe mai avuto la follia compassionevole europea sul mantra “business is business”?
Oggi possiamo dirlo con certezza: nessuno.
In quel primo maggio, il Trattato di Amsterdam esisteva in vista dell’allargamento dell’Unione e introduceva gli adeguamenti necessari a garantire un funzionamento più efficace e democratico dell’Unione.
Sulla carta, l’Europa diventava un gigantesco laboratorio pratico in nome di quei principi illuministi che ne diventarono l’essenza in epoca moderna: tolleranza, giustizia, libertà… e precetti di vita meno violenti.
Invece, l’incontro del postmoderno con la globalizzazione ha dato vita a un blob politico-economico da cui sorge il golem occidentale: la perdita dell’esperienza.
E se “l’incapacità di fare e trasmettere esperienze è, forse, uno dei pochi dati certi di cui l’uomo contemporaneo disponga su se stesso” (Giorgio Agamben, Infanzia e storia, Einaudi, Torino 2001), nelle città del rumore, del tanfo e del sovrappopolamento individualista non si fa esperienza, non si narra, non si racconta: si naviga a vista e ogni giorno si rinasce un po’ più ignoranti, un po’ più intolleranti, un po’ più senza significato.
La natura, gli altri animali, la struttura antropica, la famiglia, i ruoli, i generi sessuali, le fasce di età, tutto si riduce a macchietta, slogan, aforisma. Agiamo per diventare più poveri… e lo facciamo con molta fretta.
Di tutto questo, le caste plutocratiche, che scrivono le leggi e muovono i fili della politica, sono espressione esclusiva di una avidità al di sopra di ogni morale. E l’avidità non è lungimirante, ma punta tutto sull’ora o mai più.
L’incontro del post-moderno con la globalizzazione avrebbe dovuto enfatizzare il significato dell’esistenza stessa. Il verbo maestro sarebbe stato valorizzare: le diverse culture, le diverse capacità, le diverse opinioni, le diverse espressioni… la natura stessa.
L’Europa degli anni ’90 prospettava un’economia sostenibile, un ossimoro che somiglia molto al concetto di guerra intelligente.
Qualcuno sostiene che l’Italia di oggi sia fra i Paesi meno impegnati nella realizzazione del sogno europeo, ripiegata com’è su se stessa e coinvolta in un processo involutivo che la marginalizza e la allontana dai grandi valori unionisti.
Una cosa è certa, la società italiana è K.O. e laddove domina la ferocia della corruzione, dell’individualismo e dell’incompetenza acritica è improbabile che basti attingere ad una presunta società civile “onesta” per dare nuovamente vigore alla nostra politica.
E mentre si naviga a vista, oggi è un giorno qualunque in un Paese senza responsabilità che opprime con violentissima ignavia circa 700milioni di animali.
Milione più, milione meno.
Immagine di copertina: particolare della copertina di Carol J. Adams, The Pornography of Meat, Lantern Books 2015