
di Paolo Roccaforte
Intorno agli anni Sessanta del secolo scorso vennero realizzati dei bacini mediante escavazioni a scopo industriale (industria del laterizio) o per il recupero di materiali terrosi necessari alla realizzazione di opere infrastrutturali (terrapieni autostradali, cavalcavia, ecc.).
Una volta terminata l’attività di escavazione e abbandonate, queste profonde ferite del paesaggio rurale si allagano, spesso per l’affiorare delle acque di falda. Se non sono utilizzate come discariche o colmate e utilizzate a fini agricoli, in tempi abbastanza veloci vengono colonizzate dalla vegetazione palustre e quindi dalla fauna, diventando importanti aree di rifugio per molte specie.
Un ambiente ricco di vita
Le loro caratteristiche morfologiche, con l’alternarsi di vasche d’acqua dolce più o meno profonde, depressioni umide e terreni più asciutti, determinano un ambiente ecotonale, ricco di tipi di vegetazione diversi in spazi relativamente ristretti. Questo permette la vita ad un gran numero di specie animali con esigenze ecologiche diverse. C’è da aggiungere poi che queste zone ricreano l’antico ambiente della palude dolce, diffuso in vaste aree della Pianura Veneta prima delle ingenti opere di bonifica dei primi decenni del 1900. Per questo, molte specie che fortunatamente non si sono estinte riuscendo a sopravvivere in piccole aree di rifugio marginali non bonificate (zone di risorgiva, fossati, golene dei fiumi) possono ricolonizzare in tempi piuttosto brevi questi ambienti sostitutivi delle primordiali paludi. Inoltre, molte di queste cave sono disposte lungo corsi fluviali, fattore che facilita la colonizzazione faunistica.
Paradiso per uccelli, insetti e rettili
Tra gli animali “colonizzatori” vi sono quelli dotati di maggior motilità, quindi uccelli ed insetti volatori. Per l’avifauna legata alle zone umide, le cave risultano di grande interesse durante le stagioni delle migrazioni e in inverno, ma sono importanti anche come aree di riproduzione; ad esempio le cave di Cinto Caomaggiore, nel settore orientale della provincia di Venezia, ospitano una consistente garzaia e sono sito di importanza nazionale per la nidificazione del marangone minore (Microcarbo pygmeus). Tra le specie nidificanti di maggior rilievo riscontrate nelle diverse cave, vi sono il tarabusino (Ixobrychus minutus), il corriere piccolo (Charadrius dubius), la pavoncella (Vanellus vanellus), il martin pescatore (Alcedo atthis), il pendolino (Remiz pendulinus) oltre a numerose specie di Silvidi.
Infine, negli ambienti di cava che presentano una maggiore somiglianza con ambienti lentici naturali, con rive boscate, praterie palustri e stagni poco profondi, è presente anche una notevole erpetofauna, che mostra un certo numero di specie le quali, in altri ambiti planiziali, troverebbero scarse possibilità di sopravvivenza. Ad esempio le aree naturalizzate in corrispondenza delle cave sono particolarmente adatte a sostenere consistenti popolazioni di rospo comune (Bufo bufo) e soprattutto di testuggine palustre europea (Emys orbicularis), specie fortemente minacciata in gran parte dell’Europa centrale.
A distanza di alcuni decenni pertanto, le cave cosiddette “senili” rivestono un importante ruolo di vere e proprie riserve bio-genetiche, costituendo un complesso di biotopi d’acqua dolce di notevole interesse naturalistico e integrando efficacemente la disponibilità di ambienti di rifugio per specie vegetali e animali altrimenti destinate all’estinzione locale.
Fonte testo e immagine di copertina: rivistanatura.com