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Crimini contro l’ambiente, crimini contro l’umanità: la strage degli attivisti

crimini contro ambiente crimini contro umanità la strage degli attivisti

di Roberto Marchesini

Domenica 5 febbraio 2018: Esmond Bradley Martin, 75 anni, conservazionista statunitense, viene ritrovato pugnalato a morte nella sua casa nei pressi di Nairobi, in Kenya.
Era considerato il principale investigatore sui traffici illegali di avorio e corno di rinoceronte tra Tanzania e Kenya e Sud-est asiatico.
È il secondo omicidio in sei mesi, dopo quello in Sud Africa di Wayne Lotter, il conservazionista che aveva dato il contributo fondamentale all’arresto di un gruppo di cinesi trafficanti d’avorio.
Sono le ennesime vittime di una guerra dichiarata contro i conservazionisti e i difensori dell’ambiente.
Ma quante sono i morti nella battaglia a difesa della Terra? La risposta non è semplice, perché si tratta di una domanda non gradita, e non prioritaria.

Tutto inizia nel 2012, quando l’organizzazione non governativa Global Witness riporta la notizia della morte dell’attivista e giornalista investigativo Chut Wutty in Cambogia: Chutty aveva denunciato la distruzione illegale di una porzione di foresta e per questo era stato ucciso da un colpo di pistola sparato da un ufficiale della polizia militare. Le indagini sull’omicidio erano state poi insabbiate nel giro di pochi giorni.
Da quel momento, Global Witness inizia a indagare sulle morti degli attivisti e, a partire dal 2017, stringe una collaborazione con il team investigativo del quotidiano britannico The Guardian: il proposito è di raccontare e registrare le uccisioni di tutti coloro che ovunque, sul pianeta, lottano e combattono per difendere la Terra.

elenco vittime crimini ambiente 2017
Alcune delle vittime del 2017, fonte The Guardian

I primi dati vengono pubblicati.
Tra 2015 e il 2017, in Brasile sono morti 145 attivisti: il numero più alto registrato finora. Tra di loro, molti combattevano contro la distruzione delle foreste della regione amazzonica.
Le Filippine si pongono al secondo posto per il numero di uccisioni, con 102 morti, mentre l’Honduras rimane il luogo più pericoloso per gli attivisti, con il maggior numero di omicidi pro capite.
Il 2016 è stato l’anno più violento, con 201 omicidi.

vittime 2016 suddivise per Paesi
Distribuzione geografica degli omicidi di attivisti relativa al 2016, fonte Global Witness

Il bilancio dei morti ha continuato e continuerà ad aumentare negli anni, dato che i vari governi sembrano intenzionati a fare nulla per prevenire gli omicidi e proteggere gli attivisti che subiscono minacce.
Chi sta dietro a questi delitti? La risposta è semplice: l’industria.
Le lobby più pericolose sono quella agroalimentare e quella mineraria. Anche lottare contro bracconaggio (ricordiamo gli omicidi di Jairo Mora Sandoval, Dian Fossey, George Adamson, Ernest Gerald Gibbins tra quelli che attirarono l’attenzione dei media occidentali), costruzione di centrali idroelettriche e distruzione delle foreste significa rischiare la vita.
Molte uccisioni avvengono in villaggi sperduti tra le montagne e in mezzo alla foresta e le popolazioni indigene sono quelle maggiormente prese di mira dai sicari.

Di tanto in tanto, l’omicidio di un indigeno fa più scalpore di altri, come quello di Berta Cáceres, attivista honduregna celebre per la sua opposizione a uno dei più grandi progetti idroelettrici del Centro America, la costruzione della diga di Agua Zarca, sul fiume Gualcarque, affidata all’impresa Desarrollos Energéticos (Desa). Leader del popolo indigeno Lenca, per la sua attività di lotta vinceva nel 2015 il premio Goldman per l’ambiente. Costantemente vittima di minacce di stupro e di morte, sospettava che le intimidazioni provenissero dalla Desa stessa, dall’esercito e dalla polizia onduregna.
Nella notte tra il 2 e il 3 marzo del 2016, Cáceres viene uccisa in casa da colpi di arma da fuoco. Un’indagine rivelerà che l’attacco alla donna era stato effettuato con un’accuratezza tale da far pensare ad un’operazione militare simile, nello svolgimento, ai blitz dell’esercito statunitense.
E invece, la polizia locale ufficializzerà essersi trattato dell’esito infausto di una tentata rapina, mentre, a qualche giorno di distanza, l’unico testimone oculare dichiarerà che la scena del crimine era stata alterata e la famiglia della donna non vedrà mai il rapporto autoptico completo.
Berta Cáceres era e rimane un’attivista famosa in tutto il mondo, ma, nonostante il clamore a livello internazionale suscitato dalla sua uccisione, le indagini vanno a rilento e non si riesce a fare chiarezza nonostante i sospetti si stringano sempre di più intorno alla Desa.

In generale si tratta di accadimenti che non suscitano la curiosità internazionale, nemmeno quella morbosa, dei mezzi d’informazione, come a dire che “business is business” , e certe vicende vanno considerate un po’ come degli scomodi effetti collaterali.

Oggi più che mai è importante lottare per l’ambiente. Si tratta di una lotta contro poteri molto, molto forti. E mano a mano che l’industria avanza divorando suolo e risorse con il benestare di una politica corrotta e avida, la difesa dell’ambiente naturale e della vita in esso racchiusa si delinea sempre più come campo di battaglia per difendere anche i diritti umani.

Fonti: theguardian.com, globalwitness.org
Immagine di copertina: Berta Cáceres, foto goldmanprize.org