
di Rocco Melegari
Carl Barks (1901-200) è stato l’autore di fumetti «più famoso al mondo» come ha sottolineato il critico cinematografico Leonard Maltin (Andrae 2009, p.12). Ha dato vita a Zio Paperone e a tanti altri personaggi che sarebbero diventati protagonisti dello scenario Disney, come Gastone, Amelia e la Banda Bassotti. Barks, nel corso della sua carriera (1942-1966) ha realizzato più di 500 storie a fumetti, ha fatto viaggiare con la mente e con la fantasia lettori e appassionati di tutto il mondo.
Su di lui è stato scritto moltissimo, ma vale la pena soffermarsi su quello che è stato il suo rapporto con la scienza e sulle fonti scientifiche che ha utilizzato come basi per le sue storie. Si presenta qui un itinerario che, come si vedrà, riserva delle sorprese.
Va premesso che quando si parla di fumetti Disney negli USA degli anni ’40 e ’50 si parla di letture seconde solo al «Times» e al «Saturday Evening Post» e che il 90% dei bambini, il 41% degli uomini adulti e il 28% delle donne si definiva lettore abituale di fumetti (Andrae 2009). Aveva dunque ragione Barks che nel 1985 disse: «non ero d’accordo con l’idea dei redattori, che i ragazzini che compravano […] i fumetti fossero dei mocciosi ignoranti. Io facevo conto che il mio lettore medio fosse sui 12 anni, con una certa esperienza del mondo e avesse già una discreta conoscenza di meccanica, storia, scienze, natura, viaggi e così via» (Gresh Weinberg 2002, p.159). Se consideriamo anche che Barks era aspirante inventore (Andrae 2009), che una delle sue riviste preferite era «Popular Mechanics» (dedicata alla scienza e alla tecnologia), che era abbonato al «National Geographic» e che usava spesso l’«Encyclopedia Britannica» (Schilling 2014) non dovremmo stupirci se i riferimenti scientifici nelle sue storie abbondano.
Per iniziare possiamo prendere come esempio Donald Duck and the Polar Ice («Walt Disney Comics and Stories», n.232, gennaio 1960), dove Barks disegna un sommergibile che rimanda all’USS Nautilus, mandato in missione nel polo Nord nel 1959. Oppure in Uncle Scrooge – Lost Benealth the Sea («Uncle Scrooge», n.46, dicembre 1963) troviamo rappresentato un sommergibile che richiama il progetto del batiscafo Trieste che nel 1960 aveva raggiunto un record di profondità.
Come ricorda Luca Boschi: «A Barks […] non piace […] l’irruzione del soprannaturale nella vita quotidiana dei suoi personaggi. Maghi stregoni, sciamani e altri demiurghi dai presunti poteri soprannaturali vengono di norma smascherati come millantatori. Persino Amelia, sulle prime, fa uso di magie solo in apparenza, servendosi invece di sostanze chimiche e di poteri ipnotici spiegabili in chiave scientifica» (Boschi 2016, p.6). Non dobbiamo stupirci, quindi, se in Uncle Scrooge – The Flying Dutchman («Uncle Scrooge», n.25, marzo-maggio 1959) il mistero del famoso vascello «Olandese Volante» che appare ai paperi come un gigantesco fantasma fluttuante non è altro che l’immagine del suo relitto che «l’aurora e il fosforo proiettano […] per centinaia di miglia fra le nuvole e il mare» come spiega uno dei nipotini. Non si può che dare ragione a George Lucas quando diceva che il motivo del successo delle storie di Barks era la loro «solidità di racconti ben fatti» (Gresh Weinberg 2002, p.159). Altra grande forma di realismo (quasi una divulgazione scientifica) si riscontra in Vacation Time («Vacation Parade», n.1, luglio 1950) dove Paperino e nipotini, mentre sono in campeggio, si trovano coinvolti in un incendio che compromette l’intera foresta. Come affermano Lois Gresh e Robert Weinberg: «uno dei nipotini suggerisce di saltare nel fiume, ma gli viene obiettato dagli altri che finirebbe bollito vivo. Paperino invece fa prendere ai ragazzi borraccia e pale, e va in cerca di una radura [… dove] fa scavare ai ragazzi trincee, profonde abbastanza da potercisi sdraiare. I paperi si bagnano i vestiti con l’acqua delle borracce e poi si sdraiano nelle trincee con le giacche bagnate sopra la testa, tenute distanti dalla faccia con il ferro della pala, in modo che arrivi loro aria da respirare» (Gresh, Weinberg 2002, p.160). In questo modo i paperi si salvano.
Ciò che può stupire è come Barks riesca ad inserire solidità anche nei racconti ambientati a migliaia di chilometri di distanza dagli USA (nato in Oregon, lascerà gli Stati Uniti solo all’età di 93 anni). Lui stesso spiegò che «se non avessi usato il «National Geographic» per farmi un’idea di come erano fatte le cose lontano da me nel tempo e nello spazio non avrei mai potuto disegnare in maniera realistica» (National Geographic 2013). L’utilizzo del National Geographic è evidente in Donald Duck and the Mummy’s Ring («Four Color», n.29, del settembre 1943) dove l’autore si rifà alle fotografie di B. Antony Stewart pubblicate sulla rivista nell’aprile 1940 e inerenti ai quartieri del Cairo, alle piramidi di Maidum e ai colossi di Memnone. Per la stessa storia riprende le illustrazioni di H. M. Herget dell’articolo Life, Culture and History of the Egyptians dell’ottobre 1941, raffiguranti il palazzo del Bey di El Dagga e i templi di Hatshepsut (Becattini 2014). Si può prendere in esame anche la celebre storia Donald Duck in Lost in the Andes! («Four Color, n.233, aprile 1949) che fa riferimento all’articolo del 1942 dedicato a Machu Picchu, mentre in Donald Duck in Luck of the North («Four Color», n.256, dicembre 1949) Barks rappresenta in maniera realistica gli inuit, cui era stato dedicato un articolo nel gennaio 1947 (Schilling 2014).
Per quanto riguarda il realismo scientifico parecchio si potrebbe dire di A Christmas for Shacktown («Four Color», n.367, gennaio-febbraio 1952). Nella storia zio Paperone ha riempito fino al tetto il deposito di monete e basta l’aggiunta di un decino da una finestra sul tetto a far sprofondare i dollari in una caverna sottostante. Sembra che Barks abbia letto le teorie sugli andamenti fisici che Jules-Henry Poincaré espose in Scienze e metodo (1908) inerenti alla difficoltà di prevedere il futuro (stabilità del deposito) in quanto anche i più piccoli fenomeni (aggiunta della monetina) possono ribaltarlo. Per lo meno è presente una perfetta descrizione di quello che i fisici definiscono «punto critico» e addirittura anticipa il matematico René Thom che qualche anno dopo avrebbe affermato che a determinare il futuro sono «non sempre eventi disastrosi […], ma sempre eventi bruschi, in cui la minima variazione può, per l’appunto, rivelarsi fatale» (Gaspa Gioriello 2007, p.49). Che Barks anticipi la scienza non è cosa rara. Si pensi a Donald Duck Mad Chemist («Walt Disney Comic and Stories», n.44, maggio 1944) dove Paperino, dopo aver preso una botta in testa, rimane affetto dal «bubbonis inventorius» e inizia a mescolare CH2 e NH4 per ottenere una sostanza distruttiva, la «paperite». Interessante notare come il CH2 non fosse ancora stato scoperto. Nel 1964 lo scienziato W. Kirmse in Carbene Chemistry riconobbe a Barks il merito per aver scoperto il CH2 e per averlo usato per sintesi chimiche (Gaspa Gioriello 2007). E pensare che non sarebbe stata l’ultima volta che Paperino avrebbe preso tra le mani strumenti chimici. Nel ’47 avrebbe creato una bomba atomica usando un pizzico di meteore, due cucchiaini di polvere di cometa e succo di saetta. Esplodendo faceva «FUT», e provocava la caduta di tutti i capelli (Donald Duck’s Atom Bomb, «Cheerios Premiums», 1947).
In Uncle Scrooge – A Cold Bargain («Uncle Scrooge», n.17, marzo-maggio 1957) Zio Paperone è coinvolto nella corsa contro un rappresentante dello Stato di Brutopia per il possesso del potentissimo «bombastium». «Il mio bombastium» disse lo stesso Barks «era ispirato alla frenetica ridda di scoperte di nuovi elementi riportate nelle notizie finanziarie e nelle pubblicazioni durante gli anni Cinquanta. Molte di quelle scoperte giacciono ancor oggi sugli scaffali dei laboratori, convogliando i loro ioni in impaziente energia che nessuno sa come usare» (Becattini 2014, p.56).
Ancora più interessante è Uncle Scrooge – Island in the Sky («Uncle Scrooge», n.29, marzo-maggio 1960) dove i paperi, viaggiando per lo spazio, incontrano tanti tipi di asteroidi con diverse forme. Alcuni hanno delle lune, altri sono mucchi di macerie porose unite a una piccola forza di coesione. La storia è ispirata ai lanci fallimentari delle sonde Pioneer P-30 e P-31 della Nasa (Becattini 2015). Sulla natura degli asteroidi, però, gli scienziati sarebbero arrivati alle stesse conclusioni qualche decennio dopo. Il merito di Barks fu riconosciuto, tanto che nel 1983 la Cornell University (McCallum 2011) gli dedicò un asteroide della fascia principale (scoperto da Edward Bowell dal Lowell Observatory nel 1980), l’asteroide 2730 Barks (Yeomans 2013).
Se si prendono in esame gli scienziati che entrano in scena nelle storie di Barks non si può fare a meno di notare che non sono affatto «brillanti». La figura di Archimede Pitagorico, inventato (è il caso di dire) proprio da Barks, è tutto un programma. Ma anche il prof. Mollicule e il prof. Sleezy (Donald Duck’s Atom Bomb) figurano come ingenui scienziati incapaci di capire le reali conseguenze di ciò che hanno davanti. Il prof. Bluebeard (The Mysterous Unfinshed Invention, «Uncle Scrooge», n.8, dicembre 1954 – febbraio 1955) è fissato con l’odore di cavoli e i gruppi di scienziati che compaiono in Lost in the Andes! e in A Christmas for Shacktown si rivelano perplessi o le loro conclusioni si dimostrano sbagliate (Gilles). Questa rappresentazione degli scienziati riflette la considerazione che Barks aveva nei confronti dell’innovazione tecnologica e nella modernità in generale. Nelle sue storie e molto più spesso nei corti cinematografici (di cui si occupò tra il 1937 e il 1942) è presente una forte negatività a riguardo. «Richiamando l’attenzione sulle conseguenze negative del mito illuminista del progresso, le sue storie ci fanno dubitare delle nostre certezze sul progetto delle civiltà occidentali di riuscire a dominare la natura, indebolendo la nostra fede compiaciuta nella scienza e nel progresso tecnologico» afferma il critico Thomas Andrae (2009, p.22). È questa considerazione a muovere il corto Modern Inventions (1937) di cui Barks disegnò gran parte degli storyboards e di cui ideò la gag del barbiere automatico che, invece di rendere a Paperino più piacevole la seduta, finisce con il pettinargli il fondoschiena e lucidargli il becco. Stessa matrice in The Plastic Inventor (1944) dove l’aereo di plastica di Paperino finisce con lo sciogliersi irrimediabilmente a contatto con l’acqua. Altre considerazioni di tal genere potrebbero farsi per i corti Put-Put Troubles (1940) ed Early to Bed (1941). La tecnologia (rappresentata dalla radio) è veicolo di sventure in Self Control (1937) e in Chef Donald (1941), mentre in Donald’s Nephew (1938) si apre una condanna alle moderne scienze pedagogiche ripresa poi in Paperino e la pedagogia («Walt Disney Comic and Stories», n.92, maggio 1948) (Boschi 2016).
L’itinerario che abbiamo appena percorso è solo una piccola parte dei tantissimi riferimenti e influenze che Barks inserisce nelle sue storie. Quello che è evidente rimane la grande accuratezza, nient’affatto casuale, che Carl Barks inserisce nelle sue storie riprendendo e qualche volta anticipando le scoperte scientifiche del suo tempo. Forse ha ragione Luca Boschi quando afferma che «a loro modo, forse senza saperlo, e senza poter esibire delle prove certe, i fumettisti esercitano un mestiere non troppo dissimile da quello degli scienziati…» (Boschi 2007, p.XI).
Fonte: Deckard.net
Immagine di copertina: Carl Barks, Storyboard from Uncle Scrooge – King Scrooge the First