
di Franco Tassi
Le cronache dal Fronte della Natura d’Italia sono sempre più sconfortanti: orsi uccisi o imprigionati, alluvioni di chiacchiere inutili, incompetenza dilagante, continui fallimenti. Un primato europeo?
Gli orsi oggi vaganti in Trentino non sono quelli storicamente originari di questo territorio, ormai virtualmente estinti a causa dell’accanita persecuzione e mattanza. Sono invece il risultato di una immigrazione forzata di tipo speciale. Si tratta infatti, come nel caso dei Pirenei francesi, di individui acquistati anni fa in Slovenia, e introdotti poi nel Trentino, con un ambizioso progetto animato dalle migliori intenzioni, ma non troppo consapevole delle strategie da seguire di fronte a personalità evolute e complesse come quelle dei plantigradi.
Strappare un pacifico animale vagabondo a montagne boscose, tranquille e poco popolate, catapultandolo all’improvviso nei territori ben più ampiamente antropizzati del Trentino, dove tra malghe e colture, attività turistiche e sportive, l’incontro con l’uomo è assai più frequente, può creare non pochi conflitti.
La gente locale, non preparata, si trova davanti a sorprese inattese, e non sa come comportarsi.
E che dire dell’orso, costretto ad affrontare una quantità di nuove situazioni? Incontri ravvicinati stressanti per un animale selvatico, e particolarmente delicati per una femmina con i cuccioli.

Malgrado questo, l’orsa di solito non si dimostra realmente aggressiva, ma si esibisce in finti attacchi per allontanare gli intrusi dalla prole. Perché se davvero uno di questi animali avesse voluto combattere un presunto nemico, questo non starebbe certo qui a raccontarlo. Forse pochi sanno che da tempo era iniziato in Italia un ritorno spontaneo di orsi dalla Slovenia, lento ma progressivo, e un bellissimo individuo era stato persino immortalato in un documentario sul Parco Nazionale dello Stelvio, che vi scorgeva la speranza di un futuro ripopolamento naturale!
I plantigradi ormai abbondanti in Slovenia avrebbero cercato nuovi territori anche verso Occidente, trovando da soli gli ambienti più remoti e meno disturbati. Poi ai giovani maschi pionieri sarebbe seguita qualche femmina, e così avrebbero potuto riprodursi. Si sarebbe formata quindi una popolazione vitale, senza grandi spese e problemi, assecondando le leggi della Natura. Ma sarebbe stato opportuno attirarli con cibo abbondante perché, come è noto, “un orso non è mai troppo lontano dal suo prossimo pasto”.
Inutilmente, il Gruppo Orso aveva tentato di spiegare, fin dal 1979 al Convegno di Trento, che questo graduale ritorno poteva facilmente essere favorito, creando un corridoio ecologico naturale non contaminato da veleni, e ricco di frutta, bacche e insetti, sostenuto anche dagli stessi produttori di mele. Una larga fascia biologica di mele con il baco avrebbe comportato forse qualche piccolo sacrificio ai non certo indigenti produttori di frutta, ma avrebbe garantito notevole prestigio ecologico e altissima visibilità.
Si è preferito invece scavalcare le leggi della Natura, puntando diritto ai fondi dell’Unione Europea (si parla di circa 8 milioni di Euro, ma c’è chi sostiene che i fondi pubblici assorbiti dall’operazione, con buona pace della Corte dei Conti, risulteranno molti di più). Si è così soddisfatto il bisogno della Slovenia di “vendere” fauna, certo: e anche quello di accademici e tecnocrati di governare la situazione. Confidando troppo nelle moderne scienze, tecnologie e farmacologie (catture, trasporti, manipolazioni, radiocollari, microchips, trasmettitori, GPS, trappole nascoste, armi spara-siringhe, dardi, sedazioni, anestesie, narcotici, tranquillanti, monitoraggi: e chi più ne ha, più ne metta).
Ma poi, come si fa a individuare una creatura vivente non con un nome di persona, o di località, o dicaratteristiche particolari, ma con una sigla del tipo XKJ? Presto, in omaggio alle “magnifiche sorti e progressive”, dovremo riconoscerla con un “codice a barre”?!? Con i risultati, che sono sotto agli occhi di tutti.
Purtroppo si è lasciato ben poco spazio alla cultura e all’emozione, alla curiosità e alla scoperta, all’informazione e all’educazione ambientale, dalle scuole ai mezzi di comunicazione: e cioè alla strategia illuminante, che avrebbe in breve tempo cambiato la mentalità dominante. Soprattutto se una parte di quei fondi fosse stata spesa a formare e impegnare giovani informatori locali, per illustrare i grandi vantaggi culturali, naturalistici, ecologici, eco-turistici del ritorno di una specie-totem come questa. Qualcuno dovrebbe spiegare alla gente che, se in quelle foreste e montagne si sforzeranno di ospitare, mostrare e difendere la Grande Fauna, le comunità locali ne trarranno notevoli benefici.

Così avviene sempre nei Parchi di tutto il mondo, anche a due passi da noi. Lo dimostrano, con fatti e cifre inconfutabili, il Parco Nazionale d’Abruzzo pioniere delle Aree Faunistiche, il Parco di Vanoise in Francia, gli Itinerari Faunistici del Parco Nazionale della Foresta Bavarese, il Bärenwald di Arbesbach in Austria, le Oseras in Spagna, il Santuario degli Orsi di Brașov in Romania, e via dicendo.
Non è certo un caso, se i villaggi adiacenti a queste lungimiranti realtà sono oggi i più frequentati, floridi, evoluti e partecipi dei loro comprensori.
Ma in Italia si preferisce seguire strade diverse: e i disinvolti operatori attuali, tanto nelle Alpi quanto negli Appennini, hanno l’arrogante pretesa di addomesticare la Natura selvaggia, non educando l’uomo, ma “robotizzando” l’orso. Non li sfiora l’idea che rispettare la parte più integra del territorio, lasciare l’ecosistema alla spontanea evoluzione, saper convivere con la straordinaria Biodiversità che hanno la fortuna di custodire, sia la vera prova di civiltà e rappresenti il miglior investimento per il futuro. Un Trentino che avesse potenziato il Parco dello Stelvio, anziché disgregarlo; che avesse accolto l’Orso a braccia aperte, e che avesse saputo ospitare gli Orsi ristretti in cattività in Aree Faunistiche più ampie, confortevoli e spettacolari delle attuali impresentabili prigioni; e che avesse investito sulla cultura della Natura, anziché su quella di impiantistica e cementificazione, sarebbe diventato un fiore all’occhiello del Bel Paese e un grande attrattore eco-turistico internazionale.
Invece, tanto altero quanto miope, non ha saputo ascoltare. Ora si parla di boicottarne prodotti e turismo, e il Trentino è messo alla gogna di fronte al mondo. E quindi, come era facilmente prevedibile, ha perso. O meglio, abbiamo perso tutti, dimostrando ancora una volta che l’uomo contemporaneo, chiuso nel proprio miope egoismo, non sembra più capace di vivere in armonia con la vera Natura.
Immagine di copertina: la vita degli orsi introdotti in Trentino dalla Slovenia, sempre più braccati, sta diventando un vero incubo permanente, che a causa di una gestione insensibile culmina nel
più triste epilogo: la morte del plantigrado, ucciso anche se innocente.

Responsabile del Centro Parchi di Roma, ricercatore, scrittore e giornalista, ha al suo attivo oltre venti libri e duecento pubblicazioni sulla Conservazione della Natura e delle sue Risorse, materia di cui ha tenuto per tredici anni il primo insegnamento accademico d’Italia (1973-1986), svolgendo poi anche attività di docente universitario di Ecologia Applicata.
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