
Talvolta la relazione con il cane diventa un modo per trovare conforto a insicurezze o mancanze della persona: nulla di male, l’importante è non esagerare.
Non penso che esista una formula ideale per la relazione con il proprio cane. Ogni relazione è singolare, unica come sono gli attori che vi prendono parte e le situazioni che la rendono possibile. Anche nei confronti del cane bambino non è mia intenzione di stigmatizzare ma semplicemente di consigliare alle persone di allargare il proprio rapporto anche ad altre dimensioni – come il gioco, la passeggiata, la collaborazione – in modo tale da diluire le proprie tendenze genitoriali.
Allo stesso modo è comprensibile che per alcune persone il cane rappresenti la base sicura, quella fonte affettiva tanto cercata nel mondo degli umani e troppe volte tradita o delusa da questi ultimi. Nessun problema quindi nel rifugiarsi nell’affetto del proprio cane, dico solo che impostare il proprio rapporto in una continua conferma affettiva non solo non fa bene al cane, perché può attribuirgli competenze sociali inadeguate o stressarlo e renderlo irritabile, ma altresì non ci permette di godere in pieno di questa relazione.
Il cane dovrebbe essere una sorta di Virgilio che ci accompagna nel mondo, che ci fa apprezzare la bellezza della natura e il piacere di ricavarsi momenti di quieta riflessione lontani dalla frenesia del quotidiano. Chiudersi nella richiesta affettiva rischia di farci perdere tutto questo, di creare una morbosità languida laddove c’è spensieratezza e apertura. Il rischio narcisistico è sempre in agguato, ma è il tarlo di ogni relazione perché tende a trasformare l’altro, in questo caso il cane, in uno specchio.
Non c’è solo l’ossessione affettiva come rischio di solipsia cinofila, quell’atteggiamento di allontanamento dal mondo, rifiuto degli altri e rifugio nell’affetto del cane. Tanti sono gli atteggiamenti di natura narcisistica che vanno a viziare il nostro rapporto con il cane. Ognuno di per sé sarebbe un peccato veniale, ma diventa un problema allorché avvolge completamente la relazione togliendole altri spazi espressivi.
Ma perché questo può accadere? Beh, direi che il motivo sia molto semplice: perché il cane tende molto ad assecondare l’essere umano e la relazione rischia così di essere asimmetrica. C’è la persona che per autocompiacersi o per fare figura con gli amici, vuole il cane soldatino che scatta ai propri comandi. C’è chi vuol vincere una gara e sottopone il cane a training che hanno come unico indirizzo non il piacere di fare insieme un’attività ma il conseguimento di un risultato. C’è chi vede nel cane una sorta di espansione del sé o di status symbol e lo sottopone a tutta una serie di conformazioni forzate per poter esprimere al meglio il suo ruolo di avatar.
C’è chi considera il cane un oggetto che deve rispondere a particolari requisiti estetici, per cui gli preclude qualunque attività che possano compromettere l’immagine esteriore. Sembrano tante assurdità, ma non dimentichiamo che il cane è anche lo specchio di una società.