
Il prossimo numero di Animal Studies sarà dedicato all’analisi dell’altruismo nel mondo animale, un comportamento adottato dagli agenti non umani attraverso plurime e reiterate azioni, in cui si manifesta la volontà di privilegiare la sopravvivenza e i discendenti dell’altro a scapito della propria conservazione e riproduzione. Nel numero avremo la fortuna di ospitare Marc Bekoff, conosciuto a livello internazionale per il suo impegno verso gli animali e per le sue ricerche all’avanguardia nel campo dell’etologia cognitiva. Il suo intervento non sarebbe stato possibile senza l’aiuto di Roberto Marchesini, pioniere in Italia negli studi sulla zooantropologia e sempre più conosciuto all’estero per l’originalità della sua prospettiva. Vi proponiamo un piccolo assaggio degli articoli di Bekoff e di Marchesini che saranno pubblicati su Animal Studies, per capire come il confronto tra due studiosi eccezionali arricchisca notevolmente il dibattito sull’animalità e la relazione che intratteniamo, ogni giorno, con gli agenti non umani.
Marc Bekoff, Professore emerito presso la University of Colorado
La convinzione che gli umani abbiano una moralità e gli altri animali no è un assunto talmente radicato nella nostra cultura da essere diventato un’abitudine mentale e le cattive abitudini, com’è noto, sono dure a morire. Tante persone hanno ceduto a questo assunto perché è più facile negare la moralità agli animali che affrontare le complesse implicazioni date dalla possibilità che essi abbiano un comportamento morale. Il momento storico, incorniciato nel dualismo trito del “noi contro di loro”, e il punto di vista cartesiano degli animali come entità meccaniche sono ragioni sufficienti per aggrapparsi sprezzantemente allo status quo e andare avanti come se niente fosse. La negazione di chi siano gli animali consente opportunamente di conservare falsi stereotipi sulle loro capacità cognitive ed emozionali. Chiaramente è necessario un cambiamento di paradigma, poiché l’accettazione passiva di abitudini mentali ha una forte influenza sulla scienza, sulla filosofia e su come gli animali sono capiti e trattati.
Roberto Marchesini, Direttore di Siua
In effetti, in natura i comportamenti di aiuto, spesso comminati anche a rischio della propria sopravvivenza o comunque determinanti una compromissione del potenziale riproduttivo del soggetto, sono tutt’altro che rari. In molti insetti sociali, quali le formiche, le vespe, le termiti, alcuni soggetti fungono da operaie e vivono per il benessere della comunità rinunciando al privilegio riproduttivo. Nei branchi di lupi, solo la femmina alfa normalmente si riproduce e le altre femmine fungono da helper. Ma quello che può sorprendere in una lettura del comportamento dominata dalla legge inflessibile dell’egoismo riproduttivo è la presenza di comportamenti di aiuto e di sostegno dispendiosi, come le cure parentali, o addirittura rischiosi, come il soccorrere un compagno da un attacco di un predatore. Questi comportamenti sono normali nella vita sociale di molti mammiferi, ampiamente documentati nelle comunità di bufali, rinoceronti, elefanti, dove il gruppo si attiva per salvare il compagno in difficoltà. In tali circostanze ogni individuo della comunità di fatto si espone a un rischio che potrebbe tranquillamente evitare.
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