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Il fascino felino

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La geografia felina è costituita da individualità che si sovrappongono solo parzialmente, da confini irrimediabilmente sfumati, da occasionalità che somatizzano in profili marcati. Il gatto risente moltissimo delle variabili di sviluppo, in un modo che ancor oggi gli etologi stentano a capire e che molto probabilmente riguarda non solo le variabili stimolative che arrivano al cucciolo, ovviamente mai uniformabili, ma altresì la forte sensibilità alle configurazioni interne di ordine genetico ed epigenetico.

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Un fattore centrale nella costituzione caratteriale del micetto è indubbiamente la relazione materna che si esplicita non solo a seconda del profilo comportamentale della madre, ma altresì in virtù dell’agibilità espressiva che essa riscontra nel suo contesto di vita. Fatto sta che il gatto ha sempre una personalità. Cercare di tracciare un’identità del quattro zampe è pertanto un’operazione quasi senza speranza, proprio per la fluidità dell’argomento, per il continuo gioco di diaframma che sfuoca l’immagine e ne ripropone altre.

E sono figurazioni che si rincorrono: il gatto sembra una sorta d’illusione ottica, le forme assunte sembrano sorgere dal fuoco del caminetto per poi scomparire, non si è mai certi della sua effettiva corporeità, tanto lieve è il suo percorrere lo spazio-tempo. L’impossibile disambiguazione dell’accezione gatto è emergenza di malia, da una parte sta alla base del fascino che il piccolo felino esercita in noi, dall’altra inevitabilmente crea incertezza, senso di precarietà relazionale.

È su questa sfida che ci si deve misurare, sulla capacità di leggere il gatto tra le righe, ammettendo l’ambivalenza, accettandone la fondatività ontologica. In questo l’essere umano si ritrova, ancor più che nella cristallina uniformità del cane. Il gatto emerge nei nostri pensieri con quella furtività e leggerezza che la natura gli ha donato, come un pensiero invano scacciato dalla mente, ricorrente nel suo flusso metamorfico.

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Il suo occhio di giada che ha fatto sognare intere civiltà, quasi pietra filosofale di altre dimensioni possibili e investigabili, può di colpo derivare nella distorsione luciferina e richiamare assurde campagne d’odio, come quelle che ha dovuto subire nel corso del Medioevo. Occorre riflettere su tale duplicità evocativa, perché anche nella nostra società esiste una percentuale non irrilevante di persone che rifiutano o presentano fobie e intolleranze nei confronti dei gatti.

Tale disposizione è apparentemente priva di una qualche spiegazione plausibile: mentre nei confronti dei serpenti o di altri animali che possono essere pericolosi o provocare fastidiose parassitosi è comprensibile un atteggiamento di repulsione, nei conversi del gatto tale atteggiamento sembra totalmente privo di fondamento. E tuttavia penso che proprio l’ambivalenza espressiva del felino stia alla base tanto del fascino che gli attribuiscono gli estimatori tanto del rigetto che suscita in alcune persone.

Sofia Calistri
Sofia Calistri
Sono una componente della redazione che si occupa di inserire i contenuti di Roberto Marchesini all'interno di questo blog. Auguro a tutti Voi una buona lettura!
http://marchesinietologia.it