
Il disgusto è un’emozione che pochi autori prendono in considerazione, quasi fosse semplicemente una reazione del corpo e non uno stato disposizionale di orientamento verso la realtà esterna.
Il disgusto inoltre è correlato quasi esclusivamente – e lo dice la parola stessa – con il gusto, come se si trattasse: i) di una semplice afferenza nel momento che il soggetto assaggia qualcosa; ii) di una modalità del sentire limitata a questa sensorialità.
In realtà sappiamo che il senso del disgusto s’irradia in tantissime disposizioni – nell’essere umano ha persino un’intersezione con il senso morale – e trova in alcune aree sottocorticali, in particolare l’insula, e nell’ippocampo i centri di elaborazione. Da un punto di vista gustativo, sappiamo che i calici nel micio sono sensibili a diversi referti, a parte il sapore dolce che sembra scarsamente sviluppato, con la particolarità di essere sensibile ad alcuni amminoacidi.
- al rapporto tra gusto, olfatto e tattilità del primo approccio al cibo, che pertanto prende in considerazione una multisensorialità di contatto, dove l’odore, la consistenza e la temperatura, giocano un ruolo fondamentale;
- al retrogusto, vale a dire al successivo ritorno di sensazione orale che l’ingestione dell’alimento produce, lasciando un preciso referto che produce una traccia mnestica sulla memoria a breve durata;
- all’effetto sulla digeribilità o sull’eventuale tossicità del cibo, che produce sul medio tempo un effetto emetico e sul lungo periodo una sensazione profondamente sgradevole che lascia una traccia sulla memoria a lunga durata determinando il rifiuto.
Il disgusto è peraltro legato ad altre situazioni come la nausea, riconducibile a molteplici fattori di ordine fisiologico, non ultima la condizione d’infermità soprattutto di ordine gastroenterico, ma anche riferibile a particolari situazioni di bioritmo, stanchezza, gravidanza, etc. La nausea, quale senso di rifiuto all’ingestione, può peraltro essere riferibile a un eccesso alimentare, dovuto ad alterazioni comportamentali come la bulimia.
Possiamo dire che rappresenta la condizione opposta alla sensazione di languore. Anche la cinetosi può dar luogo a una sensazione di disgusto, con manifestazioni di vomito e di altre espressioni neurovegetative, come l’eccesso di salivazione e la masticazione a vuoto. Diciamo che qualunque affezione abbia a che fare con il sistema dell’equilibrio, con l’area cerebellare, con il sistema ipotalamo-ipofisario o con la corteccia fronto-parietale può manifestarsi attraverso la condizione di disgusto.
Tutto questo va ovviamente differenziato dall’eliminazione dei cilindretti di pelo (tricobezoario) che saltuariamente i gatti effettuano per eliminare i residui che si accumulano nel corso dell’autotoelettatura. Il disgusto inoltre può manifestarsi a livello olfattivo, per esempio rispetto ad alcuni referti, come il cloro nell’acqua, e nei conversi di alcune superfici di contatto.