
L’ uomo e gli altri esseri senzienti
L’idea di umanità è stata “costruita”, nella nostra cultura, in antitesi con l’idea di animalità, e questo è insostenibile sotto tutti i punti di vista, soprattutto quello scientifico. Anche il linguaggio abituale è improprio, perché l’uomo è un animale. Siamo animali a tutti gli effetti, anche facilmente classificabili: avere questo sottofondo culturale non significa assolutamente essere materialisti. Comunque siamo una parte integrante dell’Ecosistema, della Biosfera, della Terra. La nostra cultura si ispira a un racconto “della Creazione” che ci fa “metafisicamente” diversi: sulla Terra sono esistite, fino a un secolo fa, circa cinquemila culture umane, e ciascuna aveva un proprio “mito delle origini”. Non ha senso basarsi su uno solo di questi miti.
Posizione della nostra specie in Natura
La posizione antropocentrica, che dà valore a qualunque cosa solo in funzione umana, è la più diffusa nella nostra cultura. Invece una visione del mondo biocentrica assegna “valore in sé” a tutte le entità viventi, una visione ecocentrica dà valore a tutte le entità naturali e alle loro relazioni. Gli umani, le loro culture, le relazioni fra di esse e con gli altri esseri senzienti, sono indubbiamente entità naturali, e quindi anch’esse degne di “valore in sé”. L’uomo sta alla Natura come la parte al Tutto, come un tipo di cellule sta all’Organismo psicofisico di cui fa parte. Un gruppo di cellule ha maggior “valore in sé” se lo si vede come parte integrante di un Organismo di quanto ne abbia se considerato isolato.
Dare un valore “in sé” a tutte le entità naturali e alle relazioni che le legano vuol dire attribuire un profondo significato alla Vita e al mondo, accettarne e comprenderne la spiritualità immanente. Gran parte delle posizioni attuali della cultura occidentale derivano dalle religioni che si sono originate nella regione medio-orientale ed hanno invaso il mondo, spesso con la violenza, diffondendo ideologie mostruosamente antropocentriche. Le istituzioni che le rappresentano continuano quest’opera: a parte le amenità sul concetto di “anima”, anche sul piano pratico si agitano non poco per quattro cellule surgelate (purchè umane) e non dicono una parola sulle spaventose sofferenze inflitte a tanti esseri senzienti.
Il pensiero materialista non ha cambiato nulla mantenendo l’uomo “al centro” attraverso una specie di “merito selettivo”, che gli ha conservato l’esclusiva mentale-spirituale. A tutte queste ideologie è mancata totalmente la percezione che la nostra specie è strettamente collegata dall’interno a tutto il resto del mondo naturale. In effetti queste religioni hanno cercato di perpetuare l’idea che l’uomo è metafisicamente diverso dagli altri viventi ed hanno sempre mostrato un totale disinteresse (nella migliore delle ipotesi) per il mondo naturale. Ma la differenziazione drastica o la contrapposizione uomo-animale sono oggi scientificamente insostenibili.
Il libero arbitrio
La posizione tradizionale della nostra cultura, di derivazione giudaico-cristiana ma ulteriormente rinforzata dalla visione cartesiana-newtoniana, cioè che l’uomo è dotato di libero arbitrio mentre il mondo naturale (compresi tutti gli altri animali!) è soggetto alle immutabili “leggi fisiche”, non ha più alcun significato. Anche il determinismo totale tipo Laplace, gradito alla scienza “ufficiale”, è largamente superato.
Ogni entità naturale, ogni processo, ogni sistema complesso, ha un pizzico di libero arbitrio, potendo scegliere la via da prendere ad ogni biforcazione-instabilità. Infatti, attribuire “al caso” la via presa dopo la biforcazione in ogni sistema complesso e a “una libera scelta” quando c’è di mezzo il cervello umano, è un puro pregiudizio culturale. Solo la “quantità” di tale facoltà è diversa da caso a caso. Secondo la visione detta “del cane al guinzaglio”, tutte le entità (uomo compreso) hanno un guinzaglio, più o meno lungo, in mano alle forze sistemiche, che non sono soltanto “fisiche” o energetico-materiali, ma anche mentali. Il cane può talvolta far cambiare completamente direzione a chi tiene il guinzaglio, se a un bivio si dirige da una parte piuttosto che dall’altra.
Le possibilità di scelta di animali come mammiferi e uccelli sono piuttosto evidenti: in ogni caso le differenze con le scelte umane (se ci sono) sono soltanto quantitative. Inoltre il grado di imprevedibilità che si manifesta in diverse comunità di insetti, di mammiferi o di uccelli, non è molto diverso da quello dei gruppi umani. Inoltre le società di molte specie sono notevolmente strutturate.
Etica e diritti degli altri animali
L’uomo è un animale: anche l’etica deve tenerne conto quando si occupa degli altri esseri viventi, e senzienti. Non sono bastati gli studi di Konrad Lorenz, e di numerosi altri scienziati, per riconoscere una profonda vita soggettiva agli altri animali. Altre recenti idee, per ora di minoranza, attribuiscono una mente immanente a tutti i sistemi complessi e quindi a tutte le entità naturali. Gli altri animali soffrono, amano, sono coscienti. Qual è la facoltà che consente di attribuire dei “diritti soggettivi”?
Se fosse qualche forma di coscienza o consapevolezza, non si capisce con quale logica si riconoscono diritti alle persone in coma o agli embrioni umani e non si considera degno di considerazioni morali soggettive un essere consapevole e senziente come un orango, un cane, una tigre o un delfino. Il bonobo, o Pan paniscus, dovrebbe chiamarsi Homo paniscus: le differenze con l’Homo sapiens sono minime. Dobbiamo liberarci dall’antropocentrismo che caratterizza la nostra cultura ed è una delle cause “a monte” che hanno provocato la spaventosa situazione ecologica del Pianeta.
Motivi per essere quasi-vegetariani.
Siamo molto simili a oranghi, gorilla, scimpanzé e bonobo, che sono praticamente vegetariani, salvo per qualche insetto e, raramente, una “bistecca” di babbuino da parte degli scimpanzé. Abitualmente mangiano foglie, radici, tuberi, frutta. E noi siamo quasi uguali. Inoltre il passaggio, nella catena alimentare, attraverso la carne comporta una forte dispersione di energia complessiva (circa l’80-90%) e quindi un grande spreco, tanto è vero che c’è posto per un leone ogni mille gazzelle, un’aquila ogni mille marmotte…. Invece la nostra specie pretende di avere sette miliardi e mezzo di esemplari, e inoltre mangiare carne. E crescere ancora?!
In questo modo non si può durare a lungo.
Guido Dalla Casa

Superiore di Filosofia Orientale e Comparativa di Rimini (Università di Urbino).
Insegna Ecologia e Scienze Naturali presso l’UNITRE di Saronno.