
Premesse
I movimenti che si ispirano a idee ecologiste più profonde di quelle usuali dei mezzi di comunicazione e delle Associazioni ambientaliste (risorse, rifiuti, pulizia, inquinamento, parchi, ecc.) si stanno fortunatamente moltiplicando. Come esempi: l’Ecologia Profonda, l’Ecopsicologia, il Bioregionalismo, lo studio delle culture native, la critica alla civiltà, la spiritualità al di fuori delle religioni organizzate.
Alcuni di questi movimenti non riescono a liberarsi completamente da un sottofondo di pensiero che per la civiltà occidentale è più che millenario: l’antropocentrismo. Tutto viene riferito all’uomo come unico depositario di valori. A mio parere, se non ci si libera da questa idea di base, l’azione ecologista è destinata a fallire.
Dei movimenti sopra citati, l’Ecologia Profonda ha come sottofondo l’Ecocentrismo: l’abbandono dell’idea antropocentrica è la sua premessa fondamentale. Degli altri, qualcuno non si occupa in modo particolare del problema o non manifesta una piena consapevolezza dell’aspetto negativo dell’antropocentrismo.
Secondo la critica alla civiltà, l’umanità dei raccoglitori-cacciatori si vedeva spontaneamente in una rete interconnessa di viventi, con spazio per gli altri esseri senzienti pari a quello umano. Per quanto riguarda l’Ecopsicologia, l’inconscio ecologico comprende l’umanità e la pone all’interno della comunità dei Viventi.
Questi due movimenti sono quindi consapevoli della necessità di una critica profonda all’antropocentrismo corrente.
La scienza
E’ ormai noto alla scienza, fin dai tempi di Lamarck, cioè da un paio di secoli, che l’uomo è una specie animale a tutti gli effetti, anche facilmente classificabile: Classe Mammiferi, Ordine Primati. La nostra specie partecipa completamente della vita del complesso ecosistemico, le nostre funzioni cellulari e fisiologiche sono le stesse degli altri mammiferi, anche il comportamento non presenta particolari eccezionalità qualitative. Gli altri animali, in particolare Mammiferi e Uccelli, soffrono, amano, ragionano, curano la prole, hanno una vita sociale strutturata, trasmettono cultura.
Le differenze genetiche fra un umano e uno scimpanzé sono dell’ordine dell’1%. Tuttavia la scienza “ufficiale” riduzionista-meccanicista-materialista-cartesiana dimentica le sue stesse conoscenze: per non dover parlare di rispetto per la Vita ed evitare le conseguenze sull’etica, ha sostituito il precedente “diritto divino” con una specie di “merito selettivo” ed ha non solo legittimato e continuato l’opera di distruzione del mondo naturale e di sterminio dei viventi, ma anche giustificato “esperimenti” che comportano terribili sofferenze a tanti esseri senzienti.
Gli altri animali comunicano certamente fra loro. Se il criterio di divisione fra umano e animale fosse la scrittura, dovremmo relegare “dall’altra parte” quasi tutte le culture umane, in cui le conoscenze sono trasmesse oralmente: ma oralità e scrittura sono solo modalità diverse di trasmissione, non c’è alcun “progresso” da una all’altra. Altrimenti saremmo costretti a descrivere “la storia” entro il solito paradigma che porta all’Occidente e poi alla civiltà industriale come al vertice del “progresso”, cosa del tutto superata da tutti i punti di vista.
Un ottimo articolo di Mary Roach (Almost Human: National Geographic, aprile 2008), riporta frasi come
“E’ impossibile trascorrere qualche tempo con gli scimpanzé e non restare colpiti dalla constatazione di quanto sono simili a noi”
Vi sono interessanti considerazioni sulle diverse culture degli scimpanzé, anche in un’area limitata, a seconda dell’habitat in cui si trovano a vivere.
Ancora dal National Geographic, ottobre 2010, ecco un’affermazione di Jane Goodall:
“È impossibile vivere insieme a qualsiasi animale con un cervello sviluppato senza rendersi conto che ogni animale ha una personalità”.
Se poi studiamo la mente di un termitaio o il comportamento degli esseri collettivi, ci accorgiamo ancora di più dell’assurdità delle concezioni meccanicistiche correnti.
L’ambiente
Viene usata assai spesso, quando si tratta di problemi collegati all’ecologia, la parola ambiente, termine fuorviante, perché trasmette l’idea che si tratti di un’entità inerte, “non viva”.
Si usa chiamare “ambiente” un complesso di:
– venti-trenta milioni di specie di esseri senzienti;
– tutti gli ecosistemi che, secondo recenti teorie scientifico-filosofiche, si possono considerare pure esseri senzienti;
– sostanze in continuo scambio e movimento;
– relazioni fra tutti gli elementi e le entità interne al complesso.
Il termine deriva dall’idea di ambiente dell’uomo, cioè è impregnato dal fortissimo antropocentrismo della cultura occidentale. In sostanza si usa chiamare “ambiente” un Organismo Totale vivente-senziente, come se fosse un “contorno” di alcune sue cellule (la nostra specie).
La Terra non è “il nostro ambiente” o “la nostra casa”, ma è l’Organismo di cui facciamo parte: siamo un suo tessuto, siamo come un tipo di cellule integrate in un organismo biologico, e che dipendono in modo totale dalle sue possibilità di omeostasi, cioè dalla capacità del Pianeta di autocorreggersi mantenendosi in condizioni quasi-stazionarie.
Il valore intrinseco della Natura
Dire che la Natura (o un’entità naturale) è “patrimonio di tutti” o costituisce una risorsa sottintende una concezione fortemente antropocentrica; così pure dire di voler salvare un ambiente naturale per poterlo trasmettere “alle generazioni future”. Sono tutte espressioni che considerano la centralità dell’uomo come ovvia.
Secondo un tipo di pensiero degno di ogni considerazione anche se assai raro in Occidente, i valori non esistono solo nell’uomo, ma pure negli altri animali e nelle piante.
Il punto di partenza più naturale per trovare i valori è di cercarli negli altri animali, che certamente hanno emozioni e sentimenti, oltre alla capacità di soffrire.
Ci sono anche i valori delle piante. Tutti gli organismi hanno la propria “mente”: l’essere umano può sia promuovere che danneggiare questa qualità, che però rimane indipendente dall’uomo. Che una pianta di casa cresca rigogliosa o meno può dipendere dagli umani, però il suo benessere o malessere è una qualità propria della pianta. Il problema nasce dall’affermazione della mancanza d’identità nelle piante, affermazione priva di ogni fondamento.
Ci dobbiamo poi domandare se i sistemi, o gli “esseri collettivi”, possono avere valori non riconducibili ai singoli individui. La tradizione occidentale lega i valori agli individui e perciò non comprende che una montagna possa avere un valore intrinseco. Ci dobbiamo anche chiedere se la Natura come un tutto possa essere un soggetto con una mente, e se una montagna o un fiume possano provare esperienza.
Siamo immersi nell’Anima del Mondo o, se preferite, nell’Inconscio ecologico, la Mente della Terra: noi siamo la Terra! Questo è uno degli approcci soprattutto dell’Ecopsicologia: non c’è alcun distacco uomo-Natura.
La repressione dell’inconscio ecologico è la radice profonda del male insito nella società industriale. Ritrovare l’accesso verso l’inconscio ecologico vuol dire ritrovare la via verso la salute psicofisica dell’individuo, della società e dell’Ecosistema.
E’ necessario emancipare l’ecologia da semplice branca della biologia dalla quale è nata a una scienza delle relazioni e dell’insieme.
Siamo parte integrante del mondo in cui viviamo tanto quanto i fiumi e gli alberi, intessuti dello stesso intricato flusso di materia-energia e mente.
Conclusioni
Se non usciamo dall’antropocentrismo, così radicato nella cultura occidentale e nella filosofia di fondo del pensiero di derivazione giudaico-cristiana-islamica, tutti i tentativi di reintegrazione nel mondo naturale sono destinati a fallire: sarà ben difficile ottenere la fine del mito della crescita e la salvezza della Terra continuando a pensare che tutto è fatto per l’uomo. Se insisteremo in quell’idea di fondo, sarà l’Ecosistema totale a provvedere a un ridimensionamento della nostra specie, probabilmente con un transitorio poco piacevole.
La visione ideologica che ci fa credere unici e inconfondibili fra tutti gli altri esseri viventi sul pianeta, è solo un delirio di grandezza.
Guido Dalla Casa

Superiore di Filosofia Orientale e Comparativa di Rimini (Università di Urbino).
Insegna Ecologia e Scienze Naturali presso l’UNITRE di Saronno.