
I processi di apprendimento possono essere considerati come momenti di costruzione di risorse solutive, vale a dire una sorta di “chiave d’accesso” che permette di raggiungere alcuni obiettivi inaccessibili. L’apprendimento è realizzazione di nuove strategie operative ma non è mai un evento che emerge dal nulla, bensì si basa sulle risorse solutive di cui il soggetto era già in possesso: per tale motivo possiamo dire che ogni apprendimento non fa altro che costruire una nuova conoscenza partendo da una conoscenza precedente.
Una conoscenza assomiglia alla cartina di una città che consente all’animale di muoversi correttamente all’interno di situazioni problematiche. Pertanto una conoscenza non è un automatismo ma una dotazione, vale a dire uno strumento che l’individuo utilizza con una certa flessibilità e spesso con creatività d’uso. L’importante è comprendere che nell’apprendimento il soggetto non è mai passivo ma è sempre protagonista nel difficile lavoro di messa a punto dei propri strumenti solutivi-operativi.
Perché vi sia un apprendimento è indispensabile che l’individuo si ponga un obiettivo – come raggiungere un bocconcino, superare un ostacolo, trovare il modo corretto per agire socialmente – ove è proprio questo fine, desiderato o aspettato, a muovere l’energia cognitiva dell’animale. E’ fondamentale perciò ragionare sugli obiettivi ogni volta che si desideri attivare un processo di apprendimento, perché vi è uno stretto rapporto tra forza dell’obiettivo e disponibilità di apprendimento.
Quando un individuo si pone un obiettivo inevitabilmente si deve confrontare con un problema giacché difficilmente l’obiettivo è, per così dire, a portata di zampa. I problemi non sono tutti uguali e quanto maggiore è il problema tanto maggiore è la difficoltà nel processo di apprendimento. Un problema è sostenibile, vale a dire consente l’apprendimento, quando la forza dell’obiettivo supera il peso della difficoltà del problema stesso. Per tale motivo occorre sempre lavorare su obiettivi corposi laddove desideriamo che il soggetto operi uno sforzo di apprendimento, quando cioè ci aspettiamo un duro lavoro solutivo ovvero di costruzione di una conoscenza complessa.
L’obiettivo è sempre legato alle strutture motivazionali dell’individuo, vale a dire a quelle propensioni interne che fanno capo all’innato – come il predatorio, il competitivo, l’esplorativo, il collaborativo, quando parliamo di cane. Conoscendo le caratteristiche motivazionali di quel particolare soggetto, in riferimento ai connotati di razza o di individuo, è indispensabile pertanto ingaggiare su motivazioni forti allorché ci si confronta con problemi complessi, appoggiandosi al contrario su motivazioni più deboli se il problema è più semplice. In tal modo realizziamo il criterio di sostenibilità dell’apprendimento.
Il secondo criterio da prendere in considerazione è quello di affrontabilità del processo solutivo. Se vi è sostenibilità, l’animale s’immerge nel problema – cerca cioè di trovare una soluzione, s’impegna per poter raggiungere l’obiettivo – ma non è detto che poi effettivamente raggiunga la soluzione. Questa è possibile solo se l’individuo è in possesso dei requisiti solutivi di base: è facile affrontare il decimo piolo di una scala se siamo sul nono gradino.
L’affrontabilità ci parla pertanto di gradualità dei processi di apprendimento giacché, come abbiamo visto, ogni conoscenza altro non è che una modificazione di una risorsa precedente. Infine, perché un problema sia solvibile è indispensabile che l’animale sia nelle migliori condizioni emozionali per poterlo fare. Scopo di ogni maestro è pertanto quello di favorire l’apprendimento realizzando appieno i criteri di sostenibilità e affrontabilità.