
Tempo fa era su tutti i giornali la storia di Lola, una gattina bianca e nera di circa un anno arrivata a Lampedusa – isola in mare siciliano vicinissima alle coste africane – assieme alla sua proprietaria Sama dal Sudan, paese tra i più poveri dell’Africa, alla ricerca di un futuro migliore. Sama e Lola prima di sbarcare sull’isola hanno infatti affrontato un lungo viaggio insieme dal Sudan verso la Libia, dalle cui coste partono i “barconi della speranza”: qui hanno vissuto due mesi insieme ad altri migranti in attesa di imbarcarsi, di notte, stipate tra altre 200 persone verso l’Italia, primo punto di arrivo per chi sfugge da carestie, dittature, fame e povertà. Lola viaggia nascosta dentro a una borsa nella quale Sama ha praticato dei fori per permetterle di respirare; le due non si separano mai! All’arrivo a Lampedusa, dove i migranti vengono accolti da personale sanitario, Sama scopre che la gattina non può sbarcare – potrebbe essere un veicolo di malattie sia per gli uomini che per gli altri animali isolani. Sama si dispera alla sola idea di separarsi proprio ad un passo dal traguardo dalla sua Lola, finché è il sindaco dell’Isola che decide di affidare la gatta alle cure veterinarie, a un periodo di quarantena che scongiurerà ogni possibile pericolo di contagio e poi – finalmente – riconsegnata a Sama, in qualunque parte del mondo si trovi (cosa avvenuta finalmente nel febbraio scorso).
La storia di Lola e Sama testimonia come il fenomeno della migrazione non coinvolga solo gli umani ma anche gli animali e specialmente oggi, dove l’imperialismo, poi la globalizzazione e l’economia nefasta che depaupera risorse e altera il clima, hanno accorciato tempi e distanze: navi, aerei, treni hanno permesso una maggior velocità di scambio e trasferimento e non è affatto difficile che un animale si intrufoli una stiva di un aereo cargo – magari nascosto nel cofano di un auto – per sbarcare dall’altra parte dell’oceano. Non si tratta solo di animali dalle piccole dimensioni come possono essere ad esempio gli insetti, ma anche piccoli vertebrati come roditori o nel caso di Sama, una gattina.
Possiamo collocare l’inizio di questi flussi migratori con la scoperta dell’America, dove semi e animali originari del Nuovo Mondo arrivano in Europa non senza difficoltà: in linea di massima gli animali che arrivano in un ambiente diverso da quello di origine possono incontrare due situazioni, o un ambiente totalmente sfavorevole che ne impedisce la riproduzione, oppure un ambiente che è parzialmente sovrapponibile nelle caratteristiche morfologiche e climatiche a quello natio dove non solo riescono ad adattarsi, ma non avendo spesso competitori ed essendo fuori dalle catene trofiche e dai meccanismi di controllo delle popolazioni, diventano in poco tempo delle specie invasive. Pensiamo ad esempio al caso dello scoiattolo grigio americano arrivato in Europa dove già viveva lo scoiattolo rosso, oppure la tartaruga trachemys – con le caratteristiche strisce rosse ai lati del muso – anch’essa proveniente dall’America arrivata nel nostro continente dove era già presente la specie autoctona emys. L’arrivo di queste specie va ad alterare un equilibrio naturale che si ristabilisce solo in tempi molto lunghi e questo è un rischio a cui bisogna porre molta attenzione! Specie esotiche come questa sono allevate con molta facilità al contrario delle specie nostrane che spesso sono protette e non commerciabili. L’acquisto di una tartaruga della specie trachemys in negozio per animali è un gesto di cui spesso si ignorano le conseguenze che questo avrà rispetto all’ecosistema.
Quali possono essere le soluzioni per accogliere questi “animali migranti”? Ad esempio, individuare delle zone che consentano di tenere sotto controllo il loro numero, penso a una sorta di “parco faunistico” in città, questi tristi giardini, spesso lasciati al degrado, potrebbero essere riconvertiti in spazi in grado di ospitare scoiattoli grigi o tartarughe americane senza il rischio di compromettere equilibri naturali proprio per il fatto di essere isole perimetrate dalle case. I bambini potrebbero andare molto più volentieri ai giardini nella speranza di incontrare questi animali. Per tornare alla storia di Sama e Lola, da etologo, voglio sottolineare come saremmo in errore a considerare un animale alloctono come un migrante umano, mentre gli uomini – bianchi, neri, occidentali, orientali, donne, uomini, bambini – fanno parte della stessa specie e come tale devono essere lasciati liberi di spostarsi in cerca di un futuro migliore, gli animali migranti sono spesso specie diverse – come abbiamo fatto l’esempio della tartaruga – rispetto a quelle già stabili nel territorio di arrivo e possono causare delle alterazioni ecologiche da non sottovalutare.