
I piccioni solo le ali della città, nel modo più proprio, compagni delle fontane e delle panchine, abitanti di quell’immensa gruviera che è la città medievale.
(Roberto Marchesini, Animali di città)
La specie dei Columbidi, famiglia di uccelli che comprende oltre 3000 specie, risulta essere l’unica famiglia dell’ordine Columbiformes: divisa in cinque sottofamiglie è a noi conosciuta soprattutto per quella dei “Colombini”, di cui fanno parte 181 specie di tortore e colombi di varie dimensioni e colori, tra i quali si annoverano anche i colombi selvatici.
Ed è proprio dal colombo selvatico – o piccione selvatico che dir si voglia – che discende il nostro amico colombo cosiddetto torraiolo,che popola le nostre città tra cornicioni, terrazzi, piazze e fontane. Ancora ricordo i vecchi tempi delle sessioni estive d’esame, quando passavo ore e ore a guardarli dalla finestra della mia stanza! Li vedevo volteggiare nella città, nomadi in un tristissimo cortiletto tutto cemento, mentre i gatti li sorvegliavano senza provare nemmeno ad avvicinarsi… e una canzone di Franco Battiato in sottofondo diceva: “voli imprevedibili ed ascese velocissime, traiettorie impercettibili, codici di geometrie esistenziali..” e mi perdevo nel loro bellissimo volteggiare tra un tetto e l’altro, dietro il loro universo!
Ma torniamo al colombo selvatico. Prima cosa da dover dire è che i colombi si distinguono dagli altri uccelli per una serie di caratteristiche specifiche: riescono a succhiare l’acqua di abbeverata, senza il bisogno di dover alzare il capo per ingoiarla, come negli altri uccelli; riescono a secernere “latte di gozzo“, sostanza caseosa con cui si nutrono i neonati nel tempo in cui non sono ancora in grado di alimentarsi da soli; e non hanno una differenziazione maschio – femmina molto netta da un punto di vista fisico: solo un occhio attento riesce a notare un più dolce profilo della testa, un becco più fino e un corpo più snello nella femmina… ma credo che tutti, dal bambino all’anziano, riescano ad identificare il sesso maschile nel momento dell’accoppiamento, per tutti quei richiami, volteggi, azioni e atteggiamenti messi in scena verso la colombina!
Ma torniamo nello specifico al colombo torraiolo: la sua originaria distribuzione comprendeva gran parte dell’Europa meridionale, Scozia, Irlanda, Africa del Nord, India, Palestina e Siria, per poi in seguito essersi diffusa un po’ ovunque ad opera dell’uomo, tanto da essere diventata una specie davvero ubiquitaria, cioè che è presente da tutte le parti. Il suo colore è grigio-bluastro con ali più chiare decorate da due larghe bande nere; una coda tendente al nero; un iride sul giallo – arancio; becco scuro e zampe rosse. Il suo cibo preferito è rappresentato dalle granaglie di ogni genere e tipo, a cui accompagna lumache, chiocciole, bacche… e le famose molliche di pane che impavidi vecchietti di città continuano a dargli nonostante ordinanze e fermi amministrativi di ogni genere.
Ed è proprio in questo contesto che voglio inserirmi per chiarire alcuni punti riguardanti il sovrannumero di questi uccelli nelle città, perché, com’è noto, siamo soliti affibbiare colpe ad altri, in questo caso al nostro colombo “nemico principale dei cittadini“, “sporco“, “portatore di malattie“, in “sovrannumero eccessivo“, piuttosto che riconoscere le nostre in relazione ad una serie di fenomeni che accadono. Bisogna sapere che per quanto concerne i colombi si può notare che in ambienti ricchi di verde, ricchi perciò di competitori alimentari, di predatori delle uova e quant’altro, non si notano situazioni di sovrannumero. Ecco allora che dobbiamo ammettere che ancora una volta le cause di queste disfunzioni popolazionali siamo noi: quando distruggiamo l’habitat delle specie meno ubiquitarie o con un grado inferiore di familiarità con l’uomo oppure quando diamo da mangiare in modo indiscriminato a un’unica popolazione, come per esempio ai gatti e ai colombi. Degrado di biodiversità ed eccesso artificiale di cibo, creano le condizioni per il sovrannumero, vera e grande minaccia per la popolazione stessa. Una società che voglia dirsi civile non può ignorare le cause e utilizzare il colombo come caprio espiatorio di conflitti che si svolgono in altra sede, ovvero in ambito sociale. Al contrario, deve conoscere le cause per affrontare soluzioni preventive volte ad integrare le varie posizioni sociali differenti tra loro e salvaguardare la tutela delle popolazioni sinantrope, ossia legate all’uomo per questioni di convivenza in uno stesso territorio.
E ricordiamoci che se non ci fossero i colombi a fare da spazzini rispetto al pullulare di residui organici ci troveremmo di fronte a ben altri problemi!