
L’idea tradizionale, propria delle istituzioni religiose nate nell’area medio-orientale e di una corrente della scienza, è che l’uomo sia dotato di libero arbitrio, mentre il resto del mondo naturale (compresi tutti gli altri animali!) sarebbe soggetto alle rigide leggi fisiche. Un’altra corrente della scienza “ottocentesca” (il determinismo) non lascia alcuna libertà a nessuno. Come abbiamo visto, secondo una corrente attuale del pensiero scientifico-filosofico, c’è qualche segno di libertà in tutti i processi naturali: ci sarebbe un po’ di libero arbitrio ovunque, anche se in quantità diverse.
Ogni entità naturale, ogni processo, ogni sistema complesso, ha un suo grado di libertà. Solo la “quantità” di tale facoltà è diversa da caso a caso. Solo come esempio, il grado di imprevedibilità che si manifesta in diverse comunità di mammiferi, di uccelli o di insetti non è molto diverso da quello dei gruppi umani. Inoltre le società di molte specie sono notevolmente strutturate.
Nell’immaginario collettivo dell’Occidente, almeno finora, c’è un’insanabile spaccatura nel mondo vivente: gli umani, che avrebbero una spiritualità, e gli altri esseri che sarebbero soltanto materia. In una visione del mondo ispirata all’ecologia profonda, il problema della contrapposizione uomo-animali non esiste, perché l’uomo è un animale a tutti gli effetti: non c’è alcuna separazione, né alcun confine.
Alcuni anni fa è stato pubblicato in italiano un libro di uno scienziato olandese (R.Corbey – Metafisiche delle scimmie – Bollati Boringhieri, 2008), in cui, oltre ad altre considerazioni, si ricerca quali possano essere le caratteristiche che dividono l’umano dall’animale. In un recente passato si è sempre dovuto spostare questo confine, man mano che si accumulavano nuove scoperte e nuovi studi, ma infine il tentativo di mantenere comunque una divisione è fallito: il confine non esiste. Gli altri animali giocano, soffrono, amano, hanno emozioni profonde, tengono un comportamento del tutto paragonabile a quello umano. Viene comunque spontaneo chiedersi se sia più materialista una visione del mondo in cui tutto è soltanto materia inerte, tranne una sola specie “privilegiata”, o un sottofondo di pensiero in cui qualunque entità naturale evidenzia lo spirito, la mente o l’Anima del mondo.
Quando si esaminano le affinità fra umani e altri animali, di solito ci si limita a parlare di esseri senzienti a noi molto simili ma tuttora viventi. Anche così, non si trova alcuna spaccatura evidente: nel messaggio genetico, la differenza fra noi e uno scimpanzé bonobo è dell’ordine dell’uno per cento. Se poi consideriamo anche esseri del passato (Australopiteci, Homo habilis, uomo di Neanderthal, ecc.), le assurdità delle concezioni correnti diventano ancora più evidenti. L’idea di uomo, nel pensiero dell’Occidente, è costruita in contrapposizione all’idea di animale: umanità e animalità vi appaiono come termini antitetici, sia nella concezione biblica che nell’idea scientifica di derivazione baconiana. Ma si tratta di una contrapposizione largamente mitica e scientificamente insostenibile. Gli altri animali soffrono, amano, sono coscienti. Qual è la facoltà che consente di attribuire dei “diritti soggettivi”? Se fosse qualche forma di coscienza o consapevolezza, non si capisce con quale logica si riconoscano diritti alle persone in coma o agli embrioni umani e non si consideri degno di considerazioni morali soggettive un essere consapevole e senziente come un orango, un cane o un delfino.

Superiore di Filosofia Orientale e Comparativa di Rimini (Università di Urbino).
Insegna Ecologia e Scienze Naturali presso l’UNITRE di Saronno.
È evidente poi che la storiella che veniva raccontata ai bambini una cinquantina di anni fa, che cioè la nostra specie “ha l’intelligenza” mentre gli animali hanno soltanto “l’istinto” è qualcosa che fa sorridere, anche alla luce di studi recenti sulle emozioni, i sentimenti, il comportamento e la struttura delle società di tanti esseri viventi.
I brani che seguono sono riportati dall’articolo “Minds of their Own – Animals are smarter than you think” di Virginia Morell, pubblicato sul numero di marzo 2008 del National Geographic, sulla cui copertina l’articolo è annunciato con il titolo “Inside Animal Minds”.
L’articolo è una sintesi dei risultati di trent’anni di studi sulla mente, sul comportamento e sulle capacità di apprendimento di molti esseri senzienti non-umani da parte di Irene Pepperberg ed altri scienziati. La Pepperberg iniziò il suo progetto nel 1977: si portò in laboratorio un pappagallo africano di nome Alex con l’intento di insegnargli la lingua inglese.
“Quando la Pepperberg cominciò a dialogare con Alex, che è morto a 31 anni lo scorso settembre, erano molti gli scienziati che credevano che gli animali non fossero in grado di pensare. Gli animali erano macchine, robot, programmati per reagire in modo elementare a stimoli esterni, ma non erano in grado di pensare né di provare emozioni”.
Ancora trent’anni fa, dopo quasi due secoli che conoscevamo l’Unità della Vita e sapevamo qual’è la posizione della nostra specie nel mondo naturale, erano diffuse idee simili! La scienza rinnegava sé stessa! Ma leggiamo qualche brano dell’articolo:
“Alex contava, riconosceva colori, forme e dimensioni, aveva un’elementare nozione del concetto di zero”.
“Gli scimpanzè, i bonobo e i gorilla sono capaci di apprendere il linguaggio dei segni e di utilizzare simboli per comunicare con noi. Il bonobo Kanzi porta con sé una lavagna piena di simboli che gli permette di “parlare” ai ricercatori, e ha inventato, per esprimersi, nuove combinazioni simboliche”.
“Azy (un orango) ha una ricca vita interiore. Cognitivamente gli oranghi sono sullo stesso piano delle scimmie africane, e in certi compiti le superano. Oltre a comunicare i suoi pensieri con i simboli di una tastiera, Azy mostra anche una “teoria della mente” (cioè comprende il punto di vista di un altro), e fa scelte logiche che dimostrano una notevole flessibilità mentale”
“Oggi un ampio numero di studi indica che l’intelligenza è una dote flessibile, e le sue radici nel mondo animale sono estese e profonde”.
“Non siamo i soli a saper inventare, a pianificare le nostre azioni, ad avere un’immagine di noi stessi; e neppure i soli a mentire e ingannare”.
“L’intelligenza è un albero dalle mille ramificazioni: non ha un tronco unico che punta solo nella nostra direzione”.
“Kanzi, un bonobo, da piccolo ha imparato a comunicare spontaneamente osservando gli scienziati che addestravano sua madre. A 27 anni, questo bonobo “parla” grazie a più di 360 simboli di tastiera, e capisce il significato di migliaia di parole dette a voce. Kanzi sa formulare delle frasi, eseguire nuove istruzioni, e fabbricare strumenti di pietra, cambiando tecnica a seconda della durezza del materiale. Crea strumenti come quelli dei primi umani”.
“Le ghiandaie sanno ragionare: sapendo di essere ladre, spostano le provviste di cibo se un’altra ghiandaia le osserva; pianificano i pasti futuri, e nel fare provviste tengono conto dei bisogni futuri piuttosto che della fame del momento”.
“I delfini hanno ottima memoria, estro creativo e capacità linguistiche; sono versatili, sia dal punto di vista cognitivo che comportamentale. Hanno un grande cervello generalista, proprio come noi. Modificano il proprio mondo per rendere possibili nuove cose”.
Guido Dalla Casa
– to be Continued–