
Per comprendere l’approccio cognitivo zooantropologico occorre prima di tutto rinunciare all’utilizzo di modelli applicativi universali e riferirsi all’individuo come entità singolare. Non esistono scorciatoie e slogan tecnici ma una seria valutazione del soggetto e una prassi che si costruisce nel rispetto della sua individualità e nella valutazione dei continui feedback che il soggetto ci ritorna nel corso della prassi. Insomma non si può dettare un progetto educativo e tanto meno rieducativo se non sul campo nell’interlocuzione singolare con il cane: un esempio e’ la tanto decantata centripetazione che in bocca ai ciarlatani rischia di diventare una buffonata o addirittura un maltrattamento grave. Già, perché per molti soggetti quelle attività che sovrintendono il percorso di attenzione relazionale e affidamento sono assolutamente deleteri. Non ho mai insegnato il tecnicismo ne’ tanto meno la visione taumaturgica delle prassie. Certo e’ più facile comunicare che basti una pettorina, un guinzaglio lungo e un po’ di centripetazione per risolvere tutti i guai del cane… ma questo è esattamente il contrario di quello che credo e insegno.