Un filo diretto con l'etologia cognitiva e relazionale

Filosofo, etologo e zooantropologo.
Da oltre vent’anni conduce una ricerca interdisciplinare volta a ridefinire il ruolo degli animali non umani nella nostra società.
Direttore del Centro Studi Filosofia Postumanista e della Scuola di interazione uomo-animale (Siua), è autore di oltre un centinaio di pubblicazioni nel campo della bioetica animale, delle scienze cognitive e della filosofia post-human.
È inoltre direttore della rivista “Animal Studies”, la Rivista Italiana di Zooantropologia (Apeiron).

L’aggressione

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Il comportamento di aggressione rappresenta uno dei problemi più importanti nel rapporto con il cane e uno dei compiti fondamentali dell’educatore cinofilo è quello di aiutare il proprietario a evitare che questa evenienza si verifichi.

Innanzitutto è basilare individuare quali siano le situazioni che possono portare a un’aggressione, tenendo presente che l’aggressività in sé è una caratteristica naturale della condizione animale e non una patologia o problematicità. L’aggressione è, a tutti gli effetti un rischio, e come tale va affrontato, conoscendone le tipologie, i fattori di frequenza, il carattere di sinistrosità. Per dovere di sintesi pertanto voglio affrontare le situazioni che considero più frequenti, distinguendo in due grandi categorie: quelle che avvengono in casa e quelle che accadono al di fuori.

Nelle aggressioni domestiche un posto di rilievo è occupato dalla cosiddetta “aggressione da dominanza”, riconducibile al fatto che il cane, abituato a considerarsi il coordinatore o leader del gruppo, rivendichi tale status tutte le volte che ne vengano messe in discussione le prerogative. Si tratta in questo caso di aggressioni che non hanno uno specifico fattore scatenante, ma possono essere considerate l’esito di un’occasionale situazione di conflittualità ove il cane, aggredendo, si propone di riportare le proprie regole nel gruppo. In questo caso l’aggressione può avvenire di fianco alla ciotola come sul divano, nel cercare di spazzolare il cane come nel direzionarlo al guinzaglio, nel tentativo di farlo entrare in casa come nel rivolgergli troppe attenzioni.

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Esistono poi “aggressioni da evocazione”, riferibili cioè a situazioni specifiche, che pertanto trovano una correlazione a fattori scatenanti, quali possono essere una possessività verso un particolare oggetto o risorsa, una reazione a uno stato di paura, dolore, irritazione, un comportamento di difesa territoriale allorché un nostro conoscente o un operaio, estraneo per il cane, varchi le sacre mura domestiche o la recinzione del giardino. A volte una risposta aggressiva può essere l’esito di un gioco eccitatorio, soprattutto se il cane ha uno scarso controllo del morso, una competitività non ben disciplinata, una mancanza negli autocontrolli, ma anche in questo caso sono la competenza e l’accreditamento che il proprietario ha con il suo cane a fare la differenza. Per questo, se è vero che esistono cani più o meno facili da gestire, è altrettanto vero che è la relazione il primo presidio di responsabilità.

aggressione 2Quando ci troviamo per strada può capitare che il rischio di aggressioni si verifichi nei confronti di estranei. Possiamo avere una “aggressione da difesa” del proprio gruppo, quando il cane reputi l’avvicinarsi, il tendere la mano o il rivolgersi a un membro del proprio gruppo, sia il proprietario o il bambino, come una minaccia cui deve rispondere. L’aggressione da difesa o protettiva viene favorita da particolari modalità espressive dell’estraneo quali allungare la mano, abbracciare, parlare a voce alta, rivolgersi con un bastone o un ombrello. L’aggressione da difesa si manifesta sempre nei confronti di un estraneo che si porta verso il cane o verso il gruppo familiare.

Assai diversa è la “aggressione predatoria” che, al contrario, viene indirizzata verso un ente che corre allontanandosi, anche quando incrocia o affianca il cane. Qui si vede molto bene la differenza tra i due tipi di aggressione: quello da difesa è avversativo, cioè mira a tener lontano l’aggredito; quello predatorio è appetitivo, cioè mira a raggiungere e quindi acquisire anche quando, cosa che avviene solitamente, si limita alla classica pinzata. L’aggressione predatoria viene facilitata dalla corsa, dal movimento a scatti, dalla compresenza di fattori suscitanti come palloni o freesby, dall’emissione di vocalizzazioni acute. Possiamo evocare un comportamento predatorio anche quando per difendere un bambino o il nostro cane, magari di piccola taglia, lo alziamo da terra.

Queste quattro situazioni – la dominanza, l’evocazione, la difesa e il predatorio – non esauriscono ovviamente le tipologie di aggressione ma rappresentano quattro capitoli importanti che bisogna conoscere e saper affrontare con strumenti specifici.

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